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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Arenella-Vergine Maria

"Strangolò l'amante e la gettò in un dirupo": confermata la condanna a 15 anni per un pescatore

Regge in appello la sentenza con cui Damiano Torrente era stato ritenuto responsabile dell'omicidio di una donna romena di 33 anni, Ruxandra Vesco, sparita nel 2015 e di cui non era stata neppure mai denunciata la scomparsa. Fu lui nel 2020 a far ritrovare i resti della vittima alle pendici del Monte Pellegrino ma dopo poche ore ritrattò la confessione

Fu lui, ad agosto del 2020, a far ritrovare i resti di una donna, sparita nel nulla nel 2015 e di cui però nessuno aveva neppure ,mai denunciato la scomparsa, avvolti in un sacco nero e gettati in un dirupo del Monte Pellegrino. Fu lui a raccontare che i pezzi di quello scheletro appartenevano a Ruxandra Vesco, una trentatreenne romena, e a dire che sarebbe stata la sua amante, confessando in prima battuta di averla strangolata e uccisa. In poche ore, però, Damiano Torrente, un pescatore dell'Arenella, come aveva anticipato PalermoToday, decise di ritrattare tutto, negando di essere l'autore di quell'omicidio. Una scelta che non era servita ad evitargli la condanna a 15 anni di carcere in primo grado, lo scorso 17 gennaio. Una sentenza che due giorni fa è stata confermata integralmente anche in appello.

La droga e le amicizie pericolose, perché il pescatore ha ritrattato

L'imputato, tre anni fa, indicò con precisione agli inquirenti dove trovare ciò che restava della donna, portandoli in via Monte Ercta. Spiegò inizialmente che con la vittima avrebbe avuto una relazione extraconiugale e che il 13 ottobre del 2015 - cinque anni prima - avrebbe però deciso di sbarazzarsene perché la donna si sarebbe presentata a casa sua, dove lui viveva con la moglie, e avrebbe minacciato di denunciarlo perché avrebbe preteso soldi da lei e l'avrebbe anche spinta a prostituirsi. Una confessione dettagliatissima per un caso di cui fino a quel momento nessuno si era mai occupato, visto che agli atti non risultava neppure che la donna fosse scomparsa. Torrente spiegò anche di aver strangolato Vesco con una corda "facendo due giri e tirandola con froza per circa 6 minuti, finché non è morta", di averla quindi messa in due sacchi e poi sepolta alle pendici del Monte Pellegrino.

La confessione al prete prima di andare in caserma

Un caso apparentemente semplice, aperto e chiuso nel giro di poche ore. Ma quando tutto sembrava risolto, con un racconto lineare e una serie di riscontri, ecco che Torrente, il giorno dopo essere stato fermato, ritrattò tutto, negò di aver ucciso la donna, sostenendo di non sapere nulla né di lei né di quell'omicidio. Un atteggiamento non nuovo per lui, visto che venne fuori che già qualche tempo prima si era presentato alla squadra mobile autoaccusandosi di una ventina di delitti che in realtà - come si accertò con delle indagini - non aveva mai commesso.

La vittima accusata di truffa sui social

Durante il processo di primo grado, davanti alla Corte d'Assise presieduta da Sergio Gulotta, Torrente era stato sottoposto ad una perizia psichiatrica, dalla quale era emerso che avrebbe una personalità "narcisista" che lo porterebbe facilmente a fare proprie storie ascoltate da altre persone. Un elemento, con tutti i dubbi che ne conseguono, sul quale ha sempre battuto il suo avvocato, Alessandro Musso, ma che non è stato sufficiente per evitare la condanna. I giudici cioè, come è accaduto anche in appello, hanno ritenuto reponsabile il pescatore dell'omicidio di Ruxandra Vesco, pur concedendogli le attenuanti generiche. Per lui la Procura in primo grado aveva invocato però una condanna ben più pesante a 25 anni di carcere. Ne ha avuti 10 in meno.

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