"Ho ucciso io quella donna cinque anni fa: le ho stretto una corda al collo per sei minuti"
La terribile confessione di Damiano Torrente, fermato per l'omicidio di Ruxandra Vesco: "Lei voleva a tutti i costi trasferirsi a casa mia, dove c'era mia moglie e minacciava anche di denunciarmi perché facevo il magnaccia e prendevo soldi perché si prostituisse"
Dice "di non riuscire a dormire la notte", ma è con freddezza che spiega come, il 13 ottobre del 2015, avrebbe stretto attorno al collo di Ruxandra Vesco, 33 anni, una corda da pescatore "facendo due giri e tirandola con forza per circa sei minuti, finché non è morta". La confessione di Damiano Torrente, l'uomo che ieri mattina si è presentato alla Stazione Falde dei carabinieri per confessare l'omicidio sul quale neppure si era mai indagato, parla anche di disperazione e miseria, di droga e prostituzione. L'uomo, che è in stato di fermo su disposizione del procuratore aggiunto Ennio Petrigni e del sostituto Felice De Benedittis, ammette infatti di fare uso di cocaina, fino alla sera prima di prensentarsi in casema, e sostiene di aver "aiutato" la donna di origini romene a prostituirsi. L'avrebbe incontrata l'estate di cinque anni fa sugli scogli dell'Addaura, con una valigia e - a suo dire - un matrimonio finito nel peggior dei modi: suo marito, col quale viveva ad Alcamo e dal quale aveva avuto una figlia, l'avrebbe infatti buttata fuori di casa. L'incontro, che inizialmente poteva sembrare per la donna uno spiraglio di salvezza, la possibilità di una nuova vita, si sarebbe invece rivelato fatale. L'indagato sostiene di averla uccisa perché avrebbe preteso di restare a casa sua, mettendolo in difficoltà con la moglie, ma anche perché avrebbe minacciato di denuncialo perché "io facevo il magnaccio e prendevo soldi perché lei si prosituisse". "Ho perso la testa", dice ancora ai carabinieri.
La confessione in chiesa prima di andare in caserma, il prete: "Era addolorato, si è pentito"
L'incontro, il sesso e il prestito
"Voglio confessare che nel 2015 ho ucciso una donna, Ruxandra Vesco, romena, che si faceva chiamare Alessandra", inizia così la confessione di Torrente, 46 anni, assistito dall'avvocato Alessandro Musso. E prosegue: "Ho conosciuto questa donna nell'estate del 2015 all'Addaura, era senza tetto perché il marito col quale viveva ad Alcamo, insieme ai figli, l'aveva buttatata fuori di casa: l'ho trovata sugli scogli. L'ho portata a casa mia, le ho offerto il caffè, all'epoca vivevo in una villetta dell'Addaura. Tra noi è nata una relazione sentimentale e sessuale, l'ho accolta a casa mia perché in quel periodo mia moglie, insieme ai miei figli, era partita per la Romania. Questa signora aveva bisogno di soldi e quindi l'ho presentata a un mio amico, di cui non intendo fare il nome, che le ha prestato 2 mila euro, stabilendo un interesse di 50 euro settimanali. Ho garantito per lei". L'indagato si rifiuta di fare il nome di chi ha prestato i soldi, spiegando che "vive allo Zen", che "è stato anche sparato", che "è una persona pericolosa", temendo che "in carcere non sopravviverei due giorni".
"L'ho aiutata a prostituirsi al porto"
Dice ancora Torrente: "All'inizio pagava regolarmente questi 50 euro. Per consentirle di avere dei soldi la aiutavo a prostituirsi, la accompagnavo la sera al porto e l'andavo a riprendere la mattina. A partire da settembre, ha iniziato a non pagare più i 50 euro perché spendeva per i suoi vizi (droga e alcol) i soldi che guadagnava con la prostituzione. Lo so perché me lo ha detto questo mio amico che si è rivolto a me in quanto avevo garantito per lei. A settembre, quando mia moglie è tornata in Italia, l'ho fatta trasferire all'hotel San Paolo, pagandole il costo del soggiorno".
L'omicidio: "Le ho stretto al collo una corda"
"Il 13 ottobre del 2015 - confessa ancora l'indagato - Alessandra è venuta a casa mia con la valigia, io siccome c'era mia moglie l'ho fatta allontanare con una scusa, poi ho convinto mia moglie a uscire di casa per andare a fare la spesa. A quel punto Alessandra è tornata a casa mia, dicendo di non volersene andare e che voleva rimanere lì. Non so perché lei a tutti i costi volesse trasferirsi a casa mia. Io per questo ho perso la testa, ho preso una corda, sono pescatore ed in casa ne ho tante, e da dietro l'ho messa intorno al suo collo, facendo due giri e tirandola con forza per circa sei minuti, finché non è morta. Il collo era diventato tumefatto, lei ha cercato di resistere ma è caduta per terra". Precisa che erano circa le 18.15. E aggiunge anche un altro presunto movente: "Lei mi minacciava di denunciarmi dicendo che io facevo il magnaccio e prendevo soldi perché lei si prostituisse".
"Poi l'ho infilata in due sacchi"
Ecco come Torrente racconta di essersi sbarazzato del cadavere: "Dopo l'ho infilata in due sacchi da giardiniere, uno dalla parte della testa, l'altro dei piedi e l'ho infilata nel bagagliaio della mia auto, una Punto Bianca, dove ho messo anche la sua borsa, contenente i suoi documenti e il cellulare, un iPhone 5. La notte successiva, verso le 3, sono uscito di casa e attraverso una strada interna che parte da via Addaura sono arrivato in via Monte Ercta dove vi era un belvedere con dei contenitori della spazzatura e di solito si recano le coppiette per appartarsi. L'ho tirata fuori dall'auto, trascinandola fino ad un'apertura del parapetto e l'ho fatta cadere nel dirupo. Mi sono sbarazzato del cellulare buttandolo in mare a Mondello, una volta uscito in barca, mentre la borsa contenente gli effetti personali l'ho bruciata all'interno del giardino di casa mia, di notte, mentre mia moglie dormiva". Torrente ha poi precisato: "L'ho messa nel sacco come era vesitita, le scarpe invece dopo avergliele sfilate le ho gettate in un contenitore di abiti usati in via Pindaro, a Mondello, insieme a una valigia che Alessandra portava con sé quando è venuta a casa mia".
I sensi di colpa e l'incontro con il prete
Torrente spiega perché si sia deciso dopo ben cinque anni a confessare un omicidio del quale non era minimamente sospettato: "Ho deciso di confessare quello che ho fatto perché la notte non riesco a dormire per i sensi di colpa e sono stato convinto da un prete, a cui avevo raccontato quello che avevo fatto". L'uomo chiarisce anche che "dopo che è morta ho saldato io il debito con i soldi che guadagnavo tramite alcune prostitute che lavoravano per me".
Il ritorvamento del cadavere
Sulla scorta della confessione, i carabinieri assieme ai vigili del fuoco si sono fatti portare da Torrente nel punto in cui avrebbe abbandonato il cadavere della donna cinque anni fa. I resti di Vescu (ma saranno fatti degli accertamenti per verificare che siano effettivamente i suoi) sono stati trovati in appena undici minuti. Di lei - che in tutto questo tempo nessuno ha mai cercato realmente - restano il teschio, qualche ossa, parti di vestiti e delle buste di plastica in cui il suo cadavere era stato infilato dall'indagato.