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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Mazzette per aggiudicarsi gli appalti nella sanità, 5 indagati respingono le accuse davanti al gip

Gli interrogatori dopo gli arresti della settimana scorsa nell'ambito dell'inchiesta "Sorella Sanità 2". Soltanto un imprenditore ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, tutti gli altri si sono difesi ed hanno fornito una loro versione dei fatti

Gli interrogatori di sei degli indagati nell'ambito del secondo troncone dell'inchiesta "Sorella Sanità", su un presunto giro di mazzette legati ad appalti dal valore di centinaia di milioni, si sono protratti fino alla tarda serata di ieri e sono proseguiti anche questa mattina. Tutti - tranne l'imprenditore Massimiliano D'Aleo - infatti, hanno deciso di rispondere alle domande del gip Clelia Maltese e di difendersi, fornendo una loro versione alternativa dei fatti, rispetto alle gravi contestazioni della Procura.

Sono stati sentiti coloro che sono stati sottoposti al carcere e agli arresti domiciliari, ovvero Giovanni Luca Vancheri (l'unico ad essere in cella), il maresciallo del Nas Loreto Li Pomi (difeso dall'avvocato Michele De Stefani), che ha respinto ogni addebito), Christian Catalano (difeso dall'avvocato Marcello Montalbano), che ha negato ogni forma di corruzione, Giuseppe Bonanno e Stefano Mingardi, che si sono difesi anche loro. Davanti al gip anche D'Aleo (sottoposto all'obbligo di dimora) che, difeso dall'avvocato Giuseppe Di Gesare, ha invece deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. 

Una giornalista avvertì il direttore dell'Asp: "Domani ti arrestano"

Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei sostituti Giacomo Brandini e Andrea Zoppi, anche sulla scorta delle rivelazioni di due "pentiti" coinvolti nel primo capitolo dell'indagine - ovvero l'ex direttore dell'Asp di Trapani, Fabio Damiani, e il suo fedele faccendiere, Salavtore Manganaro - per aggiudicarsi gli appalti nella sanità siciliana sarebbe stato sufficiente fare le pressioni giuste e pagare. 

L'appalto da 17 milioni, il maresciallo del Nas e la cassata

La guardia di finanza ha anche ritrovato diversi documenti informatici con la contabilitià segreta delle mazzette, che venivano chiamate "pere", "mele" e "banane". Damiani ha riferito poi del presunto "terrorismo" del maresciallo del Nas Li Pomi, che per favorire l'azienda di D'Aleo - secondo la Procura - avrebbe pressato proprio l'ex direttore dell'Asp, che è stato anche presidente della Centrale unica di committenza. Un bando da oltre 66 milioni per l'affidamento del servizio di ossigenoterapia a domicilio, vinto da "Vivisol", sarebbe stato cucito su misura per l'azienda. Inoltre, gli inquirenti ritengono di aver scoperto un meccanisco di copertura per coprire i flussi di denaro legati alla corruzione, con la creazione di contratti ad hoc per servizio non necessari.
 

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