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Cronaca Zen

Dietro la sparatoria allo Zen una lite per 10 euro, ma l'indagato tace anche davanti al gip

Giacomo Cusimano si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l'udienza di convalida del fermo. La sera prima dell'agguato avrebbe scambiato alcuni messaggi "dai toni offensivi e minacciosi" per pochi spiccioli e un appuntamento saltato con la vittima, Emanuele Cipriano

Contiua a tacere, Giacomo Cusimano, l'uomo che è stato fermato dopo la sparatoria di via Nedo Nadi, allo Zen, con l'accusa di aver colpito con due colpi di pistola un suo amico d'infanzia, Emanuele Cipriano, con le aggravanti dei futili motivi (una lite per 10 euro e un appuntamento saltato, secondo gli inquirenti) e della premeditazione. L'indagato, difeso dall'avvocato Giulio Bonanno, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere anche durante l'udienza di convalida, che si è svolta stamattina davanti al gip Simone Alecci. Il giudice deciderà nelle prossime ore se convalidare il fermo e se confermare o meno la custodia cautelare in carcere.

La lite per 10 euro e l'appuntamento saltato

Dal provvedimento emesso dal sostituto procuratore Andrea Fusco, che coordina l'indagine, emergono altri retroscena. Da alcuni messaggi Whatsapp, scambiati tra Cusimano e Cipriano, la sera prima della sparatoria, intorno alle 20.20, verrebbe infatti fuori che i due avrebbero litigato per 10 euro e un appuntamento non rispettato. Come scrive la squadra mobile, negli audio "il tono era molto offensivo e a tratti minaccioso sia dall'una che dall'altra parte". Toni confermati da successivi messaggi di testo. Per la Procura sarebbe questo il movente - futile - che avrebbe armato la mano di Cusimano, bloccato in piazza Croci qualche ora dopo l'agguato.

"E' stato il mio amico Giacomo a spararmi"

Ad incastrare l'uomo è stata proprio la vittima. Quando i poliziotti sono infatti arrivati allo Zen martedì mattina, hanno chiesto a Cipriano, ferito all'addome e riverso in una Polo blu: "Emanuele, chi ti ha sparato?" e lui ha risposto subito: "Un mio amico, Cusimano Giacomo", fornendo pure l'indirizzo dell'indagato e indicando anche di essere stato sparato proprio di fronte alla macchina in cui era riverso ("ca nfaccio a machina"), davanti al suo box.

La madre: "Ho sentito delle urla e l'ho visto a terra"

Un racconto che ha trovato conferme anche nella testimonianza della madre di Cipriano. La donna ha raccontato che martedì mattina, mentre stava cucinanto, suo figlio Emanuele l'aveva chiamata sul cellulare "chiedendomi di abbassargli il paniere con un pacco di brioscine", ma "poco dopo, improvvisamente, sentivo persone che gridavano e istintivamente mi affacciavo alla finestra per vedere cos'era successo". E così "ho visto mio figlio Emanuele per terra che gridava: 'Giacomo, aiutami', ripetendo questa frase più volte. Nello stesso momento vedevo un ragazzo che si chiama Giacomo, amico d'infanzia di mio figlio, vicino a lui al quale urlavo di aiutarlo subito". Ma Cusimano non avrebbe dato ascolto alla donna e, dopo aver indossato un casco, sarebbe fuggito su uno scooter bianco.

La madre della vittima ha poi raccontato che "a questo punto correvo in strada per aiutare mi figlio, era tutto sporco di sangue nella pancia, gli chiedevo chi gli avesse fatto del male e mi rispondeva che ad aggredirlo era stato il suo amico Giacomo". La donna sarebbe poi corsa a casa dell'indagato e davanti all'abitazione avrebbe trovato una ragazza che gli avrebbe risposto che "non le interessava ciò che le chiedevo, ovvero di dirmi dove era Giacomo".

La compagna dell'indagato: "I rapporti tra i due si erano raffreddati"

La compagna di Cusimano ha confermato che lui quella mattina sarebbe uscito senza dire dove andava e per fare cosa e ha pure detto della "vecchia amicizia" con la vittima, ma dicendo che "i rapporti tra i due si erano raffredati negli ultimi tempi, non sapendo dire il perché".

Trovata un'ogiva, ma manca ancora la pistola

Per la Procura il quadro è chiaro: una lite per un motivo banale avrebbe spinto Cusimano a sparare all'amico d'infanzia. Si attende l'esito dello stub, l'esame che serve per rilevare la presenza di polvere da sparo, compiuto su entrambe le mani dell'indagato. La pistola usata per ferire Cipriano, che si è salvato solo grazie ad un delicato intervento a Villa Sofia, non è stata ritrovata, mentre la polizia ha scoperto un'ogiva sotto la macchina in cui si era la vittima al momento dell'intervento.

Inizialmente i poliziotti non avevano escluso che dietro l'agguato potesse esserci un regolamento di conti per una questione legata allo spaccio, ma i parenti della vittima, assisiti dall'avvocato Antonio Turrisi, hanno escluso categoricamente questa pista: "Erano amici - ha detto a PalermoToday uno dei fratelli di Cipriano, Calogero - non riusciamo a capire perché gli ha sparato".
 

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