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Sabato, 27 Aprile 2024
La sentenza / Bagheria / Corso Butera

"Mise psicofarmaci nel puré della madre e poi la strangolò", diciassettenne condannata per omicidio

Venti anni di carcere con il rito abbreviato. Così ha deciso il gup per la ragazza che avrebbe messo una grossa quantità di benzodiazepine nel piatto di Teresa Spanò, insegnante di 55 anni, trovata morta a gennaio nel suo appartamento a Bagheria. A chiamare il 112 fu proprio la ragazza cercando di simulare un suicidio prima di crollare davanti agli inquirenti

E’ partita da Roma questa mattina ed è stata accompagnata al Tribunale per i minorenni dov'è stata letta la sentenza del processo che la vedeva imputata per l'omicidio di sua madre: 20 anni per tentato omicidio pluriaggravato e omicidio pluriaggravato. Così ha deciso il gup Maria Pino per la diciassettenne accusata di aver ucciso Teresa Spanò, docente di 55 anni che insegnava a Casteldaccia, trovata morta a gennaio nel suo appartamento in corso Butera, a Bagheria. Secondo l’accusa la giovane avrebbe mescolato nel cibo un'ingente quantità di psicofarmaci, precisamente benzodiazepine. Poi l'avrebbe strangolata e infine le avrebbe inferto dei tagli sulle braccia.

I fatti risalgono alla notte fra il primo e il 2 gennaio. La polizia intervenne nella casa dove abitavano le due - teatro di frequenti liti - dopo la telefonata delle diciassettenne al 112 che avrebbe tentato di far passare quanto accaduto per un suicidio. Gli investigatori della polizia, sotto il coordinamento della Procura per i minori presso il tribunale di Palermo, raccolsero subito una serie di elementi che indirizzavano verso un'altra pista. Nel corso delle indagini gli agenti hanno ricostruito un altro episodio, risalente a novembre 2022, in cui la ragazza avrebbe già provato a uccidere la madre con la stessa tecnica. Quella volta però Spanò, che non si sarebbe resa conto di cosa fosse successo, finì in ospedale e riuscì a salvarsi.

La polizia davanti all'abitazione di Teresa Spanò

In poco tempo, ora dopo ora, la ricostruzione fatta dalla diciassettenne davanti al procuratore Claudia Caramanna e al sostituto Anna Battaglia cominciò a vacillare sino a sgretolarsi e trasformarsi in una sostanziale ammissione dei fatti. Nella stessa giornata del ritrovamento del cadavere, portato all’Istituto di medicina legale del Policlinico per l’autopsia, la ragazza venne arrestata e, su disposizione del gip, portata in una comunità nel Nisseno. La Procura per i minori ha impugnato l’ordinanza ottenere la misura cautelare della detenzione in una cella dell’istituto penitenziario di Roma.

Sulla scorta degli elementi acquisiti l’accusa aveva chiesto una condanna a 28 anni che, in virtù del rito abbreviato, sarebbero diventati 18. Il gup, però, condividendo la ricostruzione fatta dall'accusa e riconoscendo le aggravanti, compresa quella della premeditazione, ha condannato in primo grado la diciassettenne a 20 anni di carcere andando oltre la richiesta della Procura. Per conoscere le motivazioni della sentenza bisognerà attendere. Dopo la lettura del dispositivo l’imputata è stata accompagnata nuovamente a Roma dagli agenti di polizia penitenziaria e portata in cella.

La notizia dell’omicidio scosse molto le comunità di Bagheria e di Casteldaccia, dove si trovava la scuola in cui insegnava la vittima. A celebrare il funerale nella chiesa di San Giovanni Bosco, a Bagheria, furono il parroco Francesco Galeotto, padre Francesco Michele Stabile e padre Cosimo Scordato. Tra i presenti anche i sindaci Filippo Tripoli e Giovanni Di Giacinto e il dirigente scolastico Giuseppe Carlino. Sconvolti amici e colleghi della 55enne che dissero di “non sapere nulla di questi litigi familiari” e sottolinearono quanto “lei vivesse per questa ragazza”.

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