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Cronaca

S'impiccò nella sua cella di Pagliarelli, assolti due medici del carcere: "Non fu colpa loro"

Il gup ha scagionato Carmelo Geraci e Bernardo Mazzerbo che erano accusati dell'omicidio colposo di Samuele Bua, 29 anni, che si suicidò a novembre del 2018. Secondo l'accusa, il detenuto non sarebbe stato accuratamente controllato. Gli imputati però lo visitarono oltre un mese prima del decesso

"Il fatto non sussiste". E' con questa formula che il gup Stefania Brambille, al termine del processo che si è svolto con il rito abbreviato, ha deciso di assolvere i medici Carmelo Geraci e Bernardo Mazzerbo, entrambi in servizio nel carcere di Pagliarelli. Gli imputati erano accusati dell'omicidio colposo di un detenuto, Samuele Bua, che a novembre del 2018 si suicidò all'interno del penitenziario.

Il giudice ha accolto le tesi degli avvocati Claudio Gallina Montana, Valeria Minà e Gianluca Corsino, che difendono i medici, stabilendo che non avrebbero avuto alcuna responsabilità per il gesto estremo (e non prevedibile) di Bua. La stessa Procura, rappresentata dall'aggiunto Ennio Petrigni e dai sostituti Renza Cescon e Salvatore Leopardi aveva chiesto l'assoluzione. La famiglia della vittima si è costituita parte civile con l'assistenza dell'avvocato Giorgio Bisagna.

Bua aveva 29 anni ed era affetto da una grave forma di schizofrenia quando si tolse la vita, impiccandosi con i lacci delle scarpe. Il detenuto, poco più di un mese prima del suicidio, era stato posto in vita comune, ma sarebbe subito stato male, sostenendo che se non fosse stato lasciato da solo avrebbe "spaccato tutto".

Gli imputati, su disposizione della direttrice del carcere, visitarono quindi Bua, per il quale alla fine si decise la detenzione in una cella singola. Dove sarebbe rimasto per 34 giorni, visitato ogni giorno da altri medici (precisamente degli psichiatri), senza che vi fossero segnali di un possibile gesto etremo. Un isolamento comunque legato ad un preciso nulla osta, che in quel periodo era stato pure rinnovato. Alla fine, però, Bua venne trovato impiccato.

Per l'accusa, gli imputati non avrebbero tenuto conto della certificazione di un altro medico che avrebbe disposto la detenzione di Bua nel reparto "grande sorveglianza", con un compagno che potesse controllarlo. La parte civile ha poi sostenuto che nel sangue della vittima erano state trovate tracce di alcol.

Geraci e Mazzerbo hanno sempre professato la loro innocenza, spiegando di aver sempre operato correttamente e seguendo le linee guida. Cosa che oggi è stata riconosciuta anche dal giudice che li ha scagionati.

L'avvocato Bisagna in una nota spiega: "Pur rispettando l’esito del giudizio, su cui mi riservo ogni valutazione all’esito della lettura della motivazione, preciso che i familiari di Samuele Bua non ritengono chiusa la vicenda. I punti oscuri della dinamica della morte di Samuele, pur evidenziati dal pubblico ministero nella sua requisitoria, erano stati segnalati, in corso di indagini da questa difesa. Ciononostante, non sono stati effettuati tutti i necessari approfondimenti. Non possiamo accettare la semplice derubricazione a 'triste fatalità' l’asserito suicidio in carcere di un ragazzo gravemente malato, che come tale doveva essere protetto da chi lo aveva in custodia. Continueremo a chiedere, con la mamma e i fratelli di Samuele, senza tregua, che si accerti cosa realmente successe quel giorno del novembre 2018".

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