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Cronaca

Finti incidenti per truffare le assicurazioni, condanna definitiva per uno spaccaossa pentito

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di Francesco Mocciaro che aveva patteggiato 5 anni. Era stato arrestato nel 2018 nell'operazione "Tantalo", la prima a svelare l'imbroglio col quale vittime consenzienti erano disposte a farsi rompere braccia e gambe per simulare i sinistri, poi aveva deciso di collaborare coi pm

"Nella mia indole, nella mia Bibbia, buttarmi pentito non esiste", così diceva dopo essere stato arrestato, ad agosto del 2018, Francesco Mocciaro, componente di una delle bande di spaccaossa che organizzavano finti incidenti con vittime a cui però venivano davvero rotte braccia e gambe per truffare le assicurazioni. Dopo pochi mesi di carcere, però, Mocciaro iniziava già a ragionare diversamente: "Se mi rigettano i domiciliari - diceva - faccio passare un mese, un mese e mezzo, mi chiamo il magistrato, mi accollo il fatto e mi faccio dare gli arresti domiciliari, che devo fare?". Ed è proprio così che aveva fatto, decidendo di collaborare con la giustizia. La sua condanna a cinque anni ora è diventata definitiva.

La settima sezione della Cassazione ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso dell'imputato perché l'aveva presentato personalmente, senza avvalersi di un avvocato. Peraltro Mocciaro aveva patteggiato la condanna sin dal primo grado.

Venne arrestato nell'inchiesta madre sugli spaccaossa, "Tantalo", messa a segno dalla squadra mobile l'8 agosto del 2018 e coordinata dai procuratori aggiunti Salvatore De Luca ed Ennio Petrigni e dai sostituti Daniele Sansone e Alfredo Gagliardi. A questo blitz ne seguirono altri quattro, che hanno coinvolto centinaia di persone tra truffatori e vittime consenzienti, che in cambio di poche centinaia di euro accettavano di farsi rompere le ossa.

Mocciaro, dopo essere finito in carcere, venne intercettato mentre parlava con la figlia e, oltre a sostenere che non si sarebbe mai pentito, diceva: "Io è buono che mi danno l'ergastolo? Mi faccio l'ergastolo". Successivamente però il suo punto di vista era cambiato: "Qua se scivola un piede vado a prendere 16/20 anni" e da qui la decisione di pentirsi.

Le sue dichiarazioni, assieme a quelle di altri imputati che hanno scelto la sua stessa strada, sono state preziosissime per le inchieste successive. In un'altra intercettazione Mocciaro immaginava di concordare una linea difensiva comune con Salvatore La Piana (che anche lui ha poi deciso di collaborare): "Il fatto di dirgli se dobbiamo accollarcela, perché se ce l'accolliamo usciamo coi domiciliari, se no restiamo qua". Ipotizzava anche di far rintracciare le vittime per costringerle a tacere: "Dobbiamo rintracciare Raffaella, questa è sbirra... Gli dobbiamo chiamare per non farla parlare, a lei, a Carolina, a Giuseppe".

La figlia di Mocciaro condivideva i suoi ragionamenti sulla possibilità di pentirsi: "Te li devi accollare perché ci sono le intercettazioni, quindi o te le accolli o te le accolli". E proprio così aveva deciso di fare.
 

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