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Cronaca

La rivolta nel carcere Pagliarelli e i tentativi di evasione: 10 detenuti rischiano il processo

La protesta scattò alla vigilia del lockdown, quando vennero introdotte le prime limitazioni per contenere il virus. Ecco i nomi degli indagati che, con mazze di legno e di ferro, danneggiarono una sezione del penitenziario e riuscirono a farsi consegnare le chiavi di celle e cancelli da un agente

Alla vigilia del primo lockdown, il 10 marzo scorso, avevano messo a ferro e fuoco il carcere di Pagliarelli, cercando anche di evadere, dopo aver minacciato un assistente della polizia penitenziaria ed essersi fatti consegnare le chiavi delle varie celle e dei cancelli di sbarramento. Adesso dieci detenuti rischiano il processo: il procuratore aggiunto Ennio Petrigni ed il sostituto Giulia Amodeo hanno infatti chiuso l'inchiesta e si apprestano a chiedere il loro rinvio a giudizio.

La rivolta era stata una delle prime in Italia, alla quale ne seguirono altre violentissime che consentirono effettivamente la fuga di diversi reclusi, come era accaduto in Puglia. Con l'avviso di conclusione delle indagini, vengono fuori anche i nomi dei presunti responsabili dei disordini.

A rischiare il processo sono: Emanuele Pio Benedetto La Rocca, 20 anni, Franco Filizzola e Vincenzo Viviano, entrambi di 22 anni, Amadou Sesao e Salvatore Giuseppe Ribaudo, di 23, Herman Sirchia, di 22, Emanuele Azzara, di 41, Gabriele Di Liberto, di 23, Pietro Presti, di 27, Marei El Gabbay, di 33. Sono assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Rocco Chinnici, Marco Traina, Elena Gallo, Corrado Sinatra e Luciano Sarpi.

Come ha ricostruito la Procura, quel giorno gli indagati avrebbero tentato di evadere dal Pagliarelli: con mazze di legno e sbarre di ferro, avrebbero danneggiato e distrutto tavoli, sedie e suppellettili nella sezione in cui erano reclusi, la "Adriatico destro-Reparto Mari", e con le minacce, si sarebbero poi fatti consegnate le chiavi dall'agente.

La rivolta era successivamente rientrata ed era nata dopo le prime restrizioni sui colloqui con i parenti per cercare di contenere la diffusione del Covid. Solo qualche giorno dopo tutta l'Italia era stata bloccata per fronteggiare la pandemia.

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