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Cronaca

La storia di Anna Maria, massacrata da un uomo con undici coltellate e rimasta senza giustizia

La donna di 62 anni venne uccisa in via Maggiore Toselli il 13 dicembre del 2014. Nel suo appartamento furono trovati il dna del killer e anche l'impronta di una scarpa lasciata nel sangue della vittima, ma l'assassino non è mai stato individuato. La famiglia: "Non era solo una prostituta, ma anche una madre e una moglie: vogliamo la verità"

Undici coltellate, il dna dell'assassino - dal quale cercò di difendersi con tutte le forze - intrappolato sotto le unghie, l'impronta di una scarpa lasciata nel suo sangue. Anna Maria Renna, 62 anni, fu certamamente uccisa dalla violenza di un uomo ma, a quasi sette anni dall'omicidio, non ha mai avuto giustizia: nonostante tutte le tracce lasciate nell'appartamento di via Maggiore Toselli, 87, in cui la donna fu massacrata quel 13 dicembre 2014, infatti, il killer non è mai stato individuato. Un delitto rimasto irrisolto e forse anche dimenticato, al quale però i parenti della vittima non si rassegnano: continuano a sperare - anche se l'inchiesta è stata archiviata da anni - che prima o poi si possa scoprire la verità.

Anna Maria Renna si prostituiva in casa, lo ha fatto per anni e probabilmente questa sua scelta di vita l'ha fatta finire tra ipotetiche vittime di serie B. Era prima di tutto una donna, però, ed è stata uccisa da un uomo: ricordarlo oggi, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, può servire magari anche a cancellare beceri pregiudizi. "Merita comunque una giustizia - dice la famiglia a PalermoToday - il fatto che facesse la prostituta non vuol dire che fosse una donna cattiva, era una moglie, una madre, una sorella, una zia, prima di essere una prostituta".

Prima di arrivare a ricevere i suoi clienti in casa, a vendere il suo corpo in cambio di denaro, Anna Maria Renna si era diplomata e si era anche sposata. Aveva avuto quattro figli e si era guadagnata da vivere facendo le pulizie e la badante. Finché il suo matrimonio non era andato in frantumi: aveva divorziato e per un certo periodo si era ritrovata totalmente sola a dover crescere i suoi figli.

Come raccontano i suoi famigliari, aveva scelto di prostituirsi perché non riusciva a trovare un lavoro e dal suo punto di vista non ci sarebbero state altre soluzioni. Aveva rifiutato l'aiuto economico dei fratelli e per tanti anni aveva ricevuto i suoi clienti in un appartamento del centro. Clienti che difficilmente erano occasionali, si trattava invece di uomini che conosceva da anni e che da altrettanti anni, spesso, erano sposati. "Si faceva volere bene - raccontano i parenti - era una donna naturale, schietta, non si vergognava dell'attività che svolgeva e in tanti l'apprezzavano per questo".

In via Maggiore Toselli Renna si era trasferita da pochi mesi quando venne uccisa. I vicini, una volta scoperto il suo lavoro, non avrebbero particolarmente gradito la sua presenza. A metà dicembre del 2014, improvvisamente aveva smesso di rispondere al telefono, quello che utilizzava anche per fissare i suoi appuntamenti. Il 13 fu una delle figlie ad avere un brutto presentimento: andò a cercarla a casa, citofonò, ma nessuno le rispose. Vennero così chiamati i vigili del fuoco che una volta entrati nell'appartamento, trovarono il cadavere della donna accoltellata. Le indagini si concentrarono subito sui suoi clienti, in particolare sull'ultimo che aveva incontrato.

Fu estrapolato il dna dell'assassino, inviduata l'impronta di una scarpa nel sangue della vittima, ma anche analizzate le immagini dalle telecamere di sorveglianza presenti nella zona, oltre che i tabulati telefonici. Un uomo che allora aveva 58 anni finì pure sotto inchiesta: aveva annotato in un'agenda l'appuntamento con Anna Maria Renna. Nella sua abitazione fu trovata una scarpa, sporca, che sarebbe stata compatibile con l'impronta lasciata nell'appartamento. Tuttavia, il suo dna non era quello del killer e, dalle analisi, si scoprì poi che le tracce sulla calzatura non erano sangue. L'unico indagato uscì così di scena.

Qualche mese prima dell'omicidio, Anna Maria Renna aveva subito una rapina: un cliente non avrebbe voluto pagare il dovuto e le avrebbe anche rubato dei soldi dal portafoglio. Un episodio simile - che la vittima aveva pure denunciato - era avvenuto anche anni prima, quando la donna riceveva in un'alta casa, ma senza che si possa naturalmente ipotizzare alcuna correlazione con il delitto.

Un nesso, però, si potrebbe invece fare (e all'epoca si fece) con una strana aggressione ai danni di un'altra prostituta, avvenuta pochi mesi dopo l'assassinio di Anna Maria Renna: una donna, a marzo del 2015, era infatti riuscita a sfuggire alla violenza di un palermitano che si era presentato in casa sua, in via Riolo, con un coltello dicendole chiaramente: "Sugnu cà picchì t'ammazzari", lanciadole poi anche un'ultima minaccia prima di allontanarsi: "Stai tranquilla, tornerò". E se Anna Maria Renna avesse incontrato fatalmente proprio questo stesso uomo? Se fosse lui l'assassino?

La storia di via Riolo, su cui indagò la polizia, permise solo di ricostruire che il cliente aveva contattato la prostituta dopo aver letto un suo annuncio in rete. Poi si era presentato in casa col coltella e l'aveva subito aggredita. Non fu però mai individuato e di questa vicenda non si è mai più parlato.

I parenti di Anna Maria Renna raccontano poi che non sarebbe stata molto amata nel residence di via Maggiore Toselli: "La guardavano male, il proprietario dell'appartamento voleva allontanarla". Ma ciò che stranizza la famiglia è che "nessuno ha sentito nulla il giorno dell'omicidio, nessuno ha visto niente...".

"Per noi - concludono i parenti della donna - da quel giorno la speranza di trovare chi l'ha uccisa non si è mai spenta, anche se sono passati tanti anni. Magari adesso qualcuno potrebbe pentirsi, potrebbe esserci una svolta: non vogliamo però che Anna Maria venga dimenticata".
 

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