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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Giurisprudenza dà l’addio a Bruno Celano, professore e icona della Filosofia del diritto

Morto a 61 anni dopo una lunga malattia, era considerato uno dei massimi esperti in materia. Appena qualche giorno fa aveva chiesto all’Ateneo un anno sabbatico per dedicarsi a una ricerca sul paradosso della nomodinamica

Facoltà di Giurisprudenza a lutto. Dopo una lunga malattia è morto Bruno Celano, vero e proprio pilastro del Dipartimento di Giurisprudenza. Il professore, che aveva 61 anni e insegnava Filosofia del Diritto, è stato sempre riconosciuto come uno dei filosofi del diritto più influenti della sua generazione e pilastro del percorso accademico e umano di centinaia di studenti che, oggi avvocati, magistrati e notai, dalla sua cattedra hanno imparato tanto. 

Laureato all’Università di Palermo in Filosofia con una tesi sul concetto di esperienza tra Hegel e Heidegger, consegue il dottorato di ricerca in Filosofia analitica e teoria generale di ricerca a Milano con una tesi sulla legge di Hume. Quella stessa tesi nel 1994 diviene un libro: “Dialettica della giustificazione pratica” è un saggio sulla legge di Hume, opera imprescindibile per chi è interessato alla distinzione tra fatti e valori. Tanti i contributi di Celano alla filosofia e alla teoria del diritto: dagli studi su Hans Kelsen ai saggi su consuetudini e convenzioni, fino agli studi su stato di diritto, diritti umani e costituzionalismo. Negli ultimi anni stava conducendo, insieme a Marco Brigaglia, suo allievo e amico, una ricerca di ampio respiro sulla naturalizzazione della ragion pratica. 

Celano, da appassionato studioso e amante della vita, non ha mai smesso di fare progetti per il futuro. Appena qualche giorno fa aveva chiesto all’Ateneo un anno sabbatico per dedicarsi a una ricerca sul paradosso della nomodinamica, paradosso che aveva già individuato e discusso in alcuni scritti precedenti. “Chi ha avuto il privilegio di conoscere Bruno e di stargli accanto ha ricevuto una lezione di non comune rettitudine morale - ricordano i colleghi di Giurisprudenza -, di amore per la verità, di senso del dovere che non è esagerato definire eroico, di attenzione per gli altri e di mitezza. Ha mostrato a molti come la ricerca filosofica possa essere un progetto di vita, una parte del sé che non retrocede in secondo piano nemmeno quando la vita si fa spietata e la tentazione di ‘finire a guardarsi l'ombelico’, come diceva lui, si fa forte”.

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