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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Gare truccate e mazzette nella sanità, confermate 7 condanne: pena più pesante per Candela

La sentenza d'appello del processo nato dall'inchiesta "Sorella Sanità" che, a maggio del 2020, aveva portato anche all'arresto dell'ex manager dell'Asp di Palermo: dovrà scontare 7 anni e 4 mesi. Regge l'accusa secondo cui appalti per 600 milioni sarebbero stati affidati in cambio di tangenti. Unico assolto l'imprenditore Angelo Montisanti

Le gare nell'ambito della sanità sarebbero state delle mere formalità e per aggiudicarsele sarebbe stato sufficiente avere i contatti giusti, nei posti giusti e poi pagare. Ed è attraverso questo presunto giro di tangenti e corruzione che, a livello regionale, sarebbero stati affidati servizi per circa 600 milioni, come era emerso dall'inchiesta "Sorella Sanità" del maggio del 2020. Oggi la prima sezione della Corte d'Appello ha deciso di aumentare la pena di uno degli imputati "eccellenti" del processo, Antonino Candela, ex manager dell'Asp di Palermo e poi commissario per l'emergenza Covid, fino al giorno del suo arresto.

Il premio Mattarella, la scorta e l'arresto: la parabola di Candela

La Corte, presieduta da Adriana Piras (consiglieri Mario Conte e Riccardo Trombetta), ha nello specifico inflitto a Candela 7 anni e 4 mesi (al posto dei 6 anni e 8 mesi, rimediati in primo grado con l'abbreviato), ed aumentato la pena a 6 anni e 2 mesi anche al suo faccendiere, Giuseppe Taibbi (che aveva avuto 5 anni e 8 mesi). Per i due, infatti, i giudici hanno ritenuto sussistente il reato di induzione a dare o promettere denaro o altre utilità, non la concussione come contestata dall'accusa e dalla quale gli imputati erano stati del tutto assolti dal gup Clelia Maltese, ad agosto del 2021, con il primo verdetto.

Le presunte mazzette incassate da Candela: 300 mila euro in 7 mesi

Sono state in buona parte accolte le richieste della Procura generale, rappresentata dai sostituti Rita Fulantelli e Giacomo Brandini, che è stato applicato per il processo d'appello, dopo aver svolto le indagini assieme al procuratore aggiunto Sergio Demontis e al pm Giovanni Antoci. Le altre condanne, infatti, sono state tutte confermate, così come è stata confermata l'unica assoluzione, quella dell'imprenditore Angelo Montisanti (difeso dagli avvocati Marcello Montalbano e Claudio Livecchi).

"Musumeci prende il bambino e lo leva dai c..."

Più precisamente, ai due "pentiti", Fabio Damiani, ex manager dell'Asp di Trapani, e l'imprenditore Salvatore Manganaro, a lui molto vicino - ai quali era stata riconosciuto in primo grado l'attenuante per le dichiarazioni rese ai pm - dovranno scontare rispettivamente 6 anni e mezzo e 4 anni e 4 mesi. Per Damiani, però, la situazione potrebbe complicarsi: visto che la Corte d'Appello ha riconosciuto la sussistenza dell'induziona a dare o promettere denaro o altre utilità, gli atti sono stati trasmessi alla Procura, perché a questo punto dovrebbe risponderne anche lui.

Confermate anche le condanne per l'imprenditore Francesco Zanzi (5 anni e 8 mesi) e per Roberto Satta e Salvatore Navarra (5 anni e 10 mesi ciascuno). I giudici, però, hanno anche ridefinito i contorni economici della corruzione, ritenendo di dover revocare la confisca di un'azienda, la GreenSolution srl, ma anche quella di una parte dei beni tolti a tutti gli imputati, tranne Candela. Questa scelta fa scendere lievemente la somma che i 7 sono stati condannati a restituire all'Asp e all'assessorato regionale all'Economia, che si sono costituiti parte civile nel processo: dagli oltre 2 milioni e mezzo quantificati in primo grado, andranno decurtati poco più di 460 mila euro. Inoltre la Corte d'Appello ha respinto la richiesta dell'Asp di vedersi assegnata una provvisionale immediatamente esecutiva per i danni patiti. Sono state anche riviste al ribasso le pene accessorie dell'interdizione a contrarre con la pubblica amministrazione e, solo nel caso di Damiani, dell'interdizione dai pubblici uffici.

Ha retto quindi pienamente la ricostruzione della guardia di finanza che, nella primavera del 2020, aveva provocato un terremoto anche politico. Dalle intercettazioni era emerso, per esempio, che un'azienda romana, "Tecnologie sanitarie spa", per essere favorita in una gara da 17 milioni avrebbe versato quasi 230 mila euro di tangenti, inviando bonifici a una ditta riconducibile a Taibbi che, a sua volta, avrebbe prelevato la somma in più tranche in contanti e l'avrebbe consegnata, durante "incontri riservatissimi", a Candela. Alcuni di questi appuntamenti sarebbero avvenuti nella Riserva di Capo Gallo e la Procura non aveva esitato a definirli "incontri con modalità mafiose".

A novembre del 2018, le microspie avevano captato lo sfogo di Candela con Taibbi, dopo che l'allora presidente della Regione, Nello Musumeci, aveva deciso di lasciarlo senza incarichi, preferendogli a capo dell'Asp di Palermo Daniela Faraoni. Taibbi suggeriva di avviare un'operazione di dossieraggio su vari personaggi della sanità siciliana, con rivelazioni "scottanti" da sottoporre poi agli ex vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. In questo contesto l'ex assessore alla Sanità Ruggero Razza (coinvolto poi in un'inchiesta legata al presunto taroccamento dei dati legati al Covid durante l'emergenza) veniva definito come "il bambino", che Musumeci avrebbe dovuto "levare dai coglioni".

I finanzieri avevano poi captato le conversazioni con presunte pressioni di Damiani per essere nominato a capo dell'Asp di Trapani. Attraverso un imprenditore, Ivan Turola (l'unico che ha patteggiato la pena), durante un incontro in un bar di via Principe di Belmonte, si sarebbe cercato di arrivare all'allora presidente dell'Ars, Gianfranco Miccichè, attraverso suo fratello Guglielmo (un filone investigativo che non ha fornito esiti e nessuno dei due era stato indagato). Manganaro commentava però "Turola è il pupo e Miccichè è il puparo". Il politico aveva respinto con forza ogni coinvolgimento nella vicenda e minacciato querele nei confronti dei giornalisti.

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