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Sabato, 27 Aprile 2024
Mafia

Mafia e buttafuori abusivi nei locali della città e della provincia: 6 condanne e 4 assoluzioni

Gli imputati erano coinvolti nel blitz "Octopus" del 2019 in cui era emerso che i boss avrebbero imposto i loro addetti alla sicurezza dopo aver fatto pressioni e minacce ai titolari delle attività. Tra le persone scagionate anche Emanuele Rughoo Tejo, sopravvissuto alla strage di Casteldaccia e candidato al Consiglio di Bagheria nel 2018

Secondo la Procura, nelle discoteche e nei locali della città e della provincia a gestire la vigilanza sarebbe stata anche Cosa nostra: i boss avrebbero imposto i "loro" buttafuori abusivi anche in occasione di eventi particolari tra il 2014 e il 2019. Nella tarda serata di ieri, la seconda sezione del tribunale ha deciso di condannare 6 imputati e di assolverne altri 4, tutti coinvolti nel blitz "Octopus", messo a segno dai carabinieri a settembre del 2019.

Le condanne

Il collegio presieduto da Roberto Murgia ha accolto solo in parte le richieste di pena avanzate dai sostituti procuratori Gaspare Spedale e Giorgia Spiri, che avevano coordinato l'inchiesta. Nello specifico sono stati inflitti 7 anni e 4 mesi a Gaspare Ribaudo, 8 anni ad Andrea Catalano (la richiesta era di 12 anni, è difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo e Silvana Tortorici), 5 anni a Cosimo Calì, 7 anni e mezzo ad Emanuele Cannata, 8 mesi pena sospesa a Francesco Fazio (la richiesta era di 9 anni e mezzo, è difeso dagli avvocati Ermanno Zancla e Felice di Salvo) e un anno a Davide Ribaudo (la richiesta era di 9 anni e mezzo, è difeso dall'avvocato Salvo Di Maria).

Le assoluzioni

I giudici hanno invece del tutto scagionato Giovanni Catalano (la richiesta di condanna era di 11 anni e 4 mesi, è difeso dagli avvocati Michele Giovinco e Salvatore Guggino), Ferdinando Davì (la richiesta era di 9 anni e mezzo, è difeso dall'avvocato Gianluca Calafiore), Antonio Ribaudo (la richiesta era di 10 anni, è difeso dagli avvocati Riccardo Bellotta e Raffaele Bonsignore) ed Emanuele Rughoo Tejo (la richiesta era di 9 anni e mezzo, è difeso dagli avvocati Salvo e Gaetano Priola). Quest'ultimo è uno dei sopravvissuti alla strage di Casteldaccia del 3 novembre del 2018, quando per via dell'esondazione del fiume Milicia una villetta venne travolta da un'ondata di fango, causando 9 morti. Tra loro anche la moglie e il figlio piccolo dell'imputato, che - sempre nel 2018 - si era candidato come consigliere comunale a Bagheria.

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I risarcimenti

Il tribunale ha anche stabilito che i condannati debbano risarcire le parti civili, ovvero due imprenditori che sarebbero stati taglieggiati, ai quali dovranno pagare una provvisionale di 10 mila euro a testa, nonché il Centro Pio La Torre, Addiopizzo, Sicindustria, Fai, Sos Impresa, Confcommercio Palermo e Solidaria: alle associazioni, rappresentate tra gli altri dagli avvocati Fabio Lanfranca, Ettore Barcellona, Francesco Cutraro, Salvo Caradonna e Maria Luisa Martorana, è stata riconosciuta una provvisionale di 5 mila euro ciascuna.

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Le indagini e il ruolo del boss Massimo Mulè

Dall'indagine era emerso il ruolo dominante del boss di Palermo Centro Massimo Mulè e di Andrea Catalano. Mulè, assieme al cognato Vincenzo Di Grazia che sarebbe stato imposto tra i buttafuori del "Reloj" nel 2016 grazie alla mediazione di Catalano, sono già stati condannati con il rito abbreviato.

L'ex pentito: "Pagavano 3 mila euro al mese"

"Scoppia la guerra mondiale, la terza guerra mondiale. Là sopra volano tutti dalle finestre", così diceva in un'intercettazione Andrea Catalano, riferendosi all'organizzazione del Capodanno 2016/2017 a Città del mare, a Terrasini, dove avrebbe voluto imporre i suoi addetti alla sicurezza. "Allora tu hai due figli, vero? Sono la tua vita, vero è? I tuoi figli sono la tua vita: il Signore ci deve guardare i tuoi figli e i miei figli", così avrebbe minacciato il titolare di un locale sempre Catalano. Secondo la Procura, attraverso una serie di pressioni e danneggiamenti, gli imputati sarebbero poi riusciti a piazzare i loro buttafuori abusivi. 

Le dichiarazioni dell'ex pentito

Un business molto remunerativo, come aveva raccontato il pentito (poi estromesso dal programma di protezione) Alfredo Geraci. Ad intuire le potenzialità dell'affare, che "c'era odore di soldi", sarebbe stato il boss Alessandro D'Ambrogio e alla "squadra" di Andrea Catalano sarebbero stati versati per anni 3 mila euro al mese. Di Catalano Geraci parlava come del "mafioso dal colletto bianco", che avrebbe creato volutamente risse e disordini nei locali e che si sarebbe arricchito: "Ha una collezione di Rolex e l'ultimo modello di Mercedes".

AddioPizzo: "Sentenza significativa"

"Non è stato un processo semplice. Nel corso di alcune udienze - dicono da AddioPizzo - si sono registrati momenti di tensione. Del resto nel silenzio di molti gestori di pub e ristoranti che hanno assunto condotte reticenti persino durante la loro testimonianza, i ragazzi del Caffè Verdone sono stati tra i pochi che, pur rifuggendo da ribalte, oltre a denunciare, con il nostro supporto, hanno pure confermato in aula quanto avevano subito. E' un percorso che si conclude con una sentenza significativa e con il rammarico di non aver registrato nel processo, al fianco di chi ha trovato la forza e il coraggio di opporsi alle estorsioni, la costituzione di parte civile del Comune di Bagheria".

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