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Cronaca

Omicidio Burgio, uno dei killer chiede scusa in aula: "Ho sparato in preda a un raptus"

Si apre il processo per il delitto avvenuto alla Vucciria il 31 maggio dell'anno scorso. Gli imputati sono i fratelli Domenico e Matteo Romano e il figlio di quest'ultimo, Giovanni Battista, che hanno chiesto (inutilmente) di accedere al rito abbreviato. La famiglia della vittima non si costituisce parte civile

Si è aperto stamattina davanti alla Corte d'Assise presieduta da Sergio Gulotta il processo per l'omicidio di Emanuele Burgio, ucciso a colpi di pistola il 31 maggio dell'anno scorso alla Vucciria. La famiglia (il padre Filippo è stato in passato condannato per aver agevolato il boss Gianni Nicchi) non si è costituita parte civile.

Gli imputati sono i fratelli Domenico e Matteo Romano e il figlio di quest'ultimo, Giovanni Battista. Hanno chiesto di accedere al rito abbreviato - cosa che non è più prevista per gli omicidi pluriaggravati - e la loro istanza è stata respinta dai giudici. Sono difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo, Vincenzo Giambruno e Raffaele Bonsignore.

Proprio Matteo Romano ha voluto rendere delle dichiarazioni spontanee e stamattina ha chiesto scusa alla famiglia della vittima, spiegando di essere stato preso da un "raptus" durante la discussione avuta quella sera con Burgio e di aver sparato per questo.

Il processo era stato fissato a luglio, ma un difetto di notifica aveva fatto slittare tutto ad oggi. A rappresentare l'accusa sono i sostituti Giovanni Antoci e Gaspare Spedale. I tre imputati furono fermati poche ore dopo l'omicidio grazie alle immagini di diverse telecamere di sorveglianza, una delle quali aveva immortalato anche la lite tra la vittima e i Romano. Il delitto sarebbe maturato, secondo gli inquirenti, in un contesto mafioso. 

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