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Mafia

I boss dal lusso alla miseria: "Abbiamo venduto l'oro, a Palermo c'è troppo pitittu"

Dalle intercettazioni dell'operazione "Brevis" con la quale è stato bloccato al rientro dal Brasile il capomandamento di Pagliarelli emergono le difficoltà economiche di diversi pregiudicati per mafia, colpiti da arresti e sequestri: "Neanche i soldi per pagare il pollo a domicilio, ho dovuto aprire il salvadanaio del bambino..."

Sfoggiano forza e potere, vanno in giro con Porsche e gommoni, vivono in ville lussuose, come il boss di Pagliarelli, Giuseppe Calvaruso, fermato il giorno di Pasqua appena sceso da un volo proveniente dal Brasile. Ostentano ricchezza, ma poi a sentire le loro conversazioni, dietro le quinte, certi mafiosi sono invece ridotti sul lastrico, costretti persino ad usare i pochi spiccioli risparmiati dai figli per pagare un pollo arrosto o a vendere l'oro di famiglia. Segno che la Procura e le forze dell'ordine, attraverso sequestri e misure di sorveglianza, rendono loro la vita molto difficile. E' un altro dei retroscena che emerge dall'operazione "Brevis", con la quale sono finiti in carcere, oltre a Calvaruso, anche il suo presunto braccio destro, Giovanni Caruso, Silvestre Maniscalco, Francesco Paolo Bagnasco e Giovanni Spanò.

L'udienza di convalida del fermo, emesso dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Federica La Chioma e Dario Scaletta, si terrà giovedì mattina. A raccontare le loro "miserie" nelle intercettazioni compiute dai carabinieri sono Vincenzo Cascino, boss di Pagliarelli, e Paolo Castelluccio, del clan di Altarello di Baida, due personaggi coi quali Calvaruso avrebbe intrattenuto rapporti all'interno di Cosa nostra.

Mafia, operazione Brevis: gli arrestati

Il dialogo è stato captato il 9 maggio del 2019, quando i due discutevano proprio in attesa che arrivasse Calvaruso. Era Castelluccio a spiegare a Cascino di essere stato truffato per un acquisto compiuto in Belgio e di aver perso più di tremila euro e non esitava a dire che avrebbe voluto denunciare chi l'aveva imbrogliato. Cascino consigliava però altri metodi e parlava di "sparare", "sopprimere" e di "fargli fare un viaggio".

Il restroscena: il boss, la escort e il ristoratore

"A Palermo c'è pitittu, per la crisi"

"Dobbiamo fare come a quelli che si facevano rompere le braccia per 300 euro?", chiedeva Castelluccio, riferendosi alle vittime degli spaccaossa, disposte a farsi ferire per simulare incidenti stradali e truffare le assicurazioni. Cascino capiva subito il riferimento: "Di quello che spuntò nel giornale e continuano a fare arresti!". Il boss di Altarello faceva allora una considerazione: "Questo però significa che c'è pitittu a Palermo, per la crisi...".

"C'è gente che cerca nella spazzatura"

E continuava: "Perché non li vedi a quelli che cercano nella spazzatura? No i nomadi... Ieri sera in via Paruta una macchina con le targhe romene e una con quelle italiane, tutti e due con i fari gli ho messo... Cercavano, un gancio fatto così, gli ho detto: 'Questa è la povertà'". Cascino conveniva: "Noi la stiamo rasentando, non t'immaginare, non c'è niente da ridere".

Gli spiccioli del bambino per pagare il pollo

Riprendeva Castelluccio: "C'è gente che non può mangiare vero! Io non mi vergogno, anzi quando io racconto con le mie cose, io mi sento fiero, perché poi dice quanto sei stato? Due anni e quello che ho fatto ora lavoro. Vedi che io dopo sei mesi che ero libero, mi è arrivato il pollo a domicilio, mi, i picciuli, i picciuli, i picciuli... 'apri u carusieddu del bambino', 36 euro, e quello aspettava lì con il pollo... 'apri subito u carusieddu'".

Le intercettazioni: la Porsche, il gommone e il "Carlo V"

"Non abbiamo più un grammo d'oro"

Una condizione nota anche al boss di Pagliarelli che rimarcava: "Non l'abbiamo fatto pure noialtri! Non abbiamo manco un grammo d'oro, tutti li abbiamo venduti, a poco a poco però" e Castelluccio: "Per dirti la forza di andare avanti... Allora questo di qua della buonanima di mio padre, mia madre, tutto si è impegnata, tranne questo... che mia moglie io ero ancora in carcere e mia moglie le disse: 'Questo glielo conservi a Paolo!', questo è di mio padre, questo me l'ha regalato lei quando eravamo fidanzati, qualche 15 anni fa, questa la fede e questo è fasullo... Mia madre si è venduta l'oro, ma mia madre, mio padre, monrealese... tu lo sai com'erano i monrealesi, mio padre aveva la testa di leone, il diamante, l'orologio d'oro... mia madre si è venduto tutto, se tu vedevi la collana del battesimo di mio fratello, faceva impressione, a livello che mio fratello è grande, due metri, la metteva ed era troppo grossa, figurati quando era piccolo. Mia madre tutte cose ha venduto, 4 e 60 di pensione e paga quanto paghiamo noialtri a casa... Nel mentre le arriva la luce, 186 euro...".

Mafia, carcere e povertà

Oltre al carcere, dunque, anche la miseria, questo raccontano i due condannati per mafia. In quello stesso periodo, però, per Calvaruso - anche lui pregiudicato e con diversi periodi trascorsi in cella, nonostante i suoi 43 anni - le cose sarebbero andate molto meglio. Attraverso prestanome, come sostiene la Procura, avrebbe infatti gestito la "Edil Professional srls", con la quale avrebbe fatto importanti lavori, ma anche il ristorante "Carlo V" di piazza Bologni, oltre ad avviare affari con un imprenditore di Singapore, in Brasile e in Emilia Romagna. Ma è stato arrestato un'altra volta.

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