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Per la prima volta depone l'aspirante pentito Fontana: "In Cosa nostra ora si pensa solo ai soldi"

Il boss dell'Acquasanta è stato sentito nel troncone in abbreviato del processo "Mani in pasta", in cui è imputato con altre 66 persone. Ha spiegato che la sua famiglia non avrebbe mai imposto il pizzo e "sfruttato il popolo". I pm sono scettici sulle sue dichiarazioni. Il Comune si costituisce parte civile

"Oggi contano soltanto i soldi e si agisce solo per quelli, per questo non mi sono più riconosciuto in Cosa nostra". E' una delle dichiarazioni dell'aspirante pentito Gaetano Fontana che stamattina per la prima volta ha deposto durante un processo, quello in abbreviato contro la mafia dell'Acquasanta, nato dalla maxioperazione "Mani in pasta" del 12 maggio dell'anno scorso, in cui lui stesso è imputato.

Il boss ha parlato nel troncone in cui è sotto accusa assieme ad altre 66 persone, che si sta svolgendo davanti al gup Simone Alecci. Stamattina si è anche costituito parte civile il Comune di Palermo, grazie ad un protocollo d'intesa siglato con il Centro Pio La Torre, con l'assistenza dell'avvocato Ettore Barcellona.

Fontana, difeso dall'avvocato Monica Genovese, ha risposto alle domande per diverse ore e il suo esame proseguirà nell'udienza fissata per il 30. Oggi è partito da lontano, raccontando della sua storia in Cosa nostra e di quella del padre Stefano sin dagli anni Ottanta e spiegando anche perché ad un certo punto avrebbe scelto di prendere le distanze.

Secondo Fontana, infatti, l'organizzazione criminale nel tempo sarebbe mutata e avrebbe messo al centro soltanto gli interessi economici: "Noi - ha detto - non abbiamo mai vessato i commercianti imponendo il pizzo a tappeto. Negli anni passati erano gli imprenditori a chiedere a mio padre di mettersi in società con lui, non c'era questo sfruttamento del popolo".

Fontana ha sostanzialmente ribadito le dichiarazioni già rese al procuratore aggiunto Salvatore De Luca e ai sostituti Amelia Luise e Dario Scaletta che, tuttavia, non gli hanno dato credito. Per illustrare il cambiamento in Cosa nostra, ha fatto l'esempio di Salvatore Lo Piccolo, il "barone" di San Lorenzo, che dopo essere stato posato dalla "vecchia mafia", a dire di Fontana, si sarebbe ritrovato ad essere uno dei boss di spicco in anni più recenti.

L'aspirante collaboratore di giustizia, però, avrebbe anche ammesso alcune intestazioni fittizie di cui non aveva mai parlato fino ad oggi. Ma è proprio sul patrimonio dei Fontana che i magistrati ritengono che il boss non dica tutto ciò che potrebbe.
 

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