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Cronaca

Morta al pronto soccorso "per cause naturali", i dubbi del gip riaprono il caso dopo tre anni

Vlad Vasilica è deceduta nel 2019 a 43 anni a Villa Sofia. Dopo due richieste di archiviazione da parte della Procura, il giudice ha accolto l'opposizione disponendo nuovi accertamenti su "temi inesplorati". Il consulente di parte ipotizza un'embolia gassosa. Il marito della donna: "Prelievo al collo con una siringa più grossa del solito..."

Nonostante in due consulenze della Procura sia stato scritto che si era trattato di una morte "attribuibile a cause naturali", "verosimilmente patologiche", molti aspetti clinici e medico-legali - secondo il giudice - sarebbero stati invece sottovalutati o addirittura ignorati. Perché aveva quel grosso foro nel collo se erano già stati fatti degli accessi venosi in ambulanza? Perché non sono stati identificati tutti i sanitari, a partire da colui che ha fatto il prelievo di sangue con una siringa che sarebbe stata più grande del solito? Perché non è stata eseguita l’autopsia, che pure era stata disposta dal pm? Sono tanti gli interrogativi che tormentano Vincenzo Palazzolo dopo la scomparsa della moglie, Vlad Vasilica, deceduta a 43 anni al pronto soccorso di Villa Sofia nel dicembre del 2019. Dopo due richieste di archiviazione alle quali si è opposto, il marito adesso ha ottenuto dal gip Filippo Serio altri 6 mesi di indagini proprio per chiarire i contorni del decesso. "Voglio capire cosa le è successo. Si poteva salvare? Qualcuno ha sbagliato?", dice l’uomo a PalermoToday.

Il fatto

Vlad Vasilica, viene dalla Romania e vive a Palermo già da qualche anno. Dagli amici si fa chiamare Carmina e si occupa di persone anziane. Il suo sogno però è quello di aprire un asilo destinato ai figli delle mamme lavoratrici. E’ sposata da qualche anno con Vincenzo Palazzolo e vivono nella zona dell'Addaura. Il 27 dicembre di tre anni fa i sanitari del 118, su richiesta di un passante, intervengono e soccorrono la donna, trovata distesa per terra a pancia in giù. Ha una brutta ferita al volto e nella caduta ha perso pure qualche dente. Vicino a lei alcuni sacchetti dell’immondizia. Inizialmente si era pensato a un incidente ma più probabilmente la donna potrebbe essere scivolata mentre stava andando a gettare i rifiuti nel cassonetto. E’ in stato confusionale ma cosciente. Riesce a fornire il numero del marito e ha la lucidità di indicare una medicazione alla gamba per un trattamento legato a dei problemi di trombosi.

I soccorsi in ospedale

Palazzolo viene avvisato e arriva al pronto soccorso prima dell’ambulanza, intorno alle 11.15. "Sono riuscito a scambiare qualche parola con lei per confortarla. Nella sala c’erano tre sanitari, un responsabile e due assistenti. Uno di questi ha fatto notare l’assenza di siringhe per il prelievo del sangue - racconta a PalermoToday il marito - ed è andato a cercarle. L’altro ha recuperato una siringa molto grossa e prima ancora che potessi capire le sue intenzioni, l’aveva già inserita nel collo per tentare il prelievo. Nello stesso istante mia moglie ha reclinato il capo ed è rimasta immobile". Poi ricorda ancora: "Mi è stato detto che aveva perso i sensi. Sono stato subito allontanato mentre provavano le manovre per salvarla. Alle 11.50 è arrivato il rianimatore e alle 12.20 è stato constatato il decesso". All’uomo piomba il mondo addosso. Anche lui è confuso ma, racconta, riesce a mettere a fuoco alcuni dettagli che si riveleranno utili per le indagini difensive.

Le indagini dopo il decesso e le consulenze

Dopo il decesso la salma viene spostata in una camera mortuaria di fortuna e vengono ascoltati alcuni dei sanitari. "Non però quello che ha fatto il prelievo con quella grossa siringa", sottolinea Palazzolo. Per eseguire l’esame cadaverico, il pm nomina un consulente tecnico che, terminato il suo lavoro e dopo un tac post mortem, conclude che la morte non sarebbe riconducibile a un incidente o a un episodio violento ma che il "il decesso serebbe da attribuire ad arresto cardiocircolatorio per verosimili cause patologiche". Nessuna censura sul comportamento dei sanitari del 118 né di quelli in servizio a Villa Sofia. E sulla scorta di ciò il magistrato dà il nulla osta per il seppellimento della salma e chiede di archiviare il caso il 14 gennaio 2020.

"Abbiamo messo insieme e con grossa difficoltà i vari pezzi - continua Palazzolo - e chiesto un consulenza di parte perché ritenevo, già dal mio punto di vista, ci fossero diverse lacune nelle indagini. Così mi sono rivolto a un avvocato e circa due settimane dopo ho presentato una querela contro ignoti. Il pm ha revocato la richiesta di archiviazione e ha disposto una nuova consulenza tecnica affidandola nuovamente allo stesso identico medico legale, questa volta affiancato da una collega". Nell’atto il magistrato chiede di fare nuovi accertamenti, di valutare l’eventualità di riesumare la salma e procedere con un’autopsia o di, eventulmente, rispondere in maniera precisa a una serie di quesiti.

I dubbi sull’ipotesi di un’embolia polmonare 

"Per il mio consulente non sono state risposte puntuali a tutte le domande", continua Palazzolo. Dalla tac già eseguita dal medico legale incaricato dal pm sarebbero emerse delle "bolle aeree del tronco brachio-cefalico venoso, alle vene mammarie interne, all’atrio e al ventricolo destro”. Tipiche, sottolinea invece il consulente di parte, di un’embolia gassosa polmonare "che ha sempre una causa esterna". Un dato che, secondo l’esperto, può essere collegato con l’aritmia e la perdita di coscienza. "Se avessero fatto l’autopsia, anche dopo 4 mesi, sicuramente avremmo avuto degli elementi più certi. Era stata richiesta, perché non l’hanno fatta? Anche noi l'abbiamo sollecitata in più occasioni. Eppure loro stessi scrivono che 'maggiori elementi potrebbero derivare dall’esecuzione dell’esame autoptico completato da esame istologico'", aggiunge Palazzolo.

La consulenza di parte

Il consulente incaricato dal marito della donna sottolinea poi altri aspetti considerati di rilievo. Come quello, per esempio, relativo al prelievo di sangue nella zona del collo con una grossa siringa e non con una delle dimensioni adeguate. Il tecnico infatti fa notare che Vasilica aveva già degli accessi venosi che erano stati eseguiti per l’infusione di soluzioni cristalloidi durante il trasporto in ospedale e che si sarebbero potuti utilizzare quelli. "Era necessario? E se anche fosse - dice ancora il marito - perché l’ha fatto quell’operatore e non un medico rianimatore? Se fosse stato quello l’errore? Mia moglie si poteva salvare".

Il gip dispone nuove indagini

Il giudice per le indagini preliminari ha vagliato i vari atti e l’opposizione presentata da Palazzolo, assistito dall’avvocato Rosa Salemi, riconoscendo che le osservazioni "prospettano temi di indagine non esplorati dai consulenti del pm che meritano approfondimento". Poi aggiunge: "Non risulta essere trattato nella consulenza - si legge - la possibile efficienza causale del prelievo venoso nella determinazione del decesso per induzione di embolia gassosa".

Per il gip Serio servono dunque nuove indagini di natura clinica e medico-legale ma per il momento non sembra prendere quota l'ipotesi di riesumare la salma. Gli atti sono stati restituiti al pm e ora bisognerà capire com’è stato effettuato il prelievo venoso in ospedale, l’eventuale utilizzo di una siringa sovradimensionata e l’eventuale nesso tra l’accesso venoso e l’embolia gassosa. Servirà inoltre sentire le persone informate sui fatti, magari identificando tutto il personale che lavorava lì quella mattina attraverso gli ordini di servizio e non soltanto il responsabile del reparto e pochi altri.

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