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Cronaca

Associazioni antimafia e sindacati scrivono al prefetto: "Più trasparenza su beni confiscati"

In una lettera sono state messe nero su bianco una serie di richieste che vanno dalla mappatura dei protocolli di legalità al confronto periodico con istituzioni bancarie ed esperti per superare eventuali criticità

Rendere più trasparenti e accessibili i dati sui beni e le aziende confiscate per impedire ogni possibile infiltrazione mafiosa ed evitare che l'economia del territorio, particolarmente vulnerabile in questa fase drammatica, possa essere ancora più fragile nei confronti della criminalità organizzata. È il senso della lettera indirizzata al prefetto, Giuseppe Forlani, dalle associazioni storiche antimafia e dai sindacati, in uno spirito di cooperazione tra istituzioni e società civile. Le iniziative proposte dal cartello di associazioni e sindacati riguardano: la realizzazione di un’anagrafe delle aziende confiscate attive insieme ai lavoratori impiegati, l'elenco dei beni immobili confiscati e trasferiti ai comuni, ma anche quelli non ancora assegnati, pubblicandone i codici identificativi, la consistenza, la destinazione, l’uso effettivo, il soggetto destinatario, la professionalità, gli obiettivi produttivi, occupazionali e sociali e i risultati raggiunti per garantirne la continuità produttiva. Tra le richieste anche: la mappatura dei protocolli di legalità, verificandone l'attuazione e costituzione nei comuni che invece ne sono sprovvisti; la mappatura dei consorzi di legalità esistenti per stimolarne il supporto tramite la partecipazione sociale e la cittadinanza attiva. E ancora si chiede un confronto periodico con istituzioni bancarie ed esperti per superare le criticità delle aziende sequestrate e confiscate; un confronto permanente con gli enti locali che si occupano dei rapporti con le aziende sequestrate e confiscate, con le Camere di commercio, l’Agenzia delle entrate, le istituzioni del territorio, lo sportello unico delle attività produttive, per non lasciare indietro nessuno.

"L'obiettivo è ostacolare quelle condizioni che possano creare un habitat ideale per le organizzazioni mafiose che alimentano la povertà, il sottosviluppo e l’esclusione sociale –  ha detto Vito Lo Monaco, presidente del centro studi Pio La Torre – da qui lo sforzo comune con le altre associazioni per costruire una rete che sia in grado di collaborare con le istituzioni nelle azioni di prevenzione e contrasto alle mafie".

La lettera è stata sottoscritta da Acli Palermo, Addiopizzo, Arci, Centro Impastato, Centro Studi Paolo e Rita Borsellino, Centro Studi Pio La Torre, Fondazione Chinnici , Fondazione Costa, Fondazione Falcone, Libera Palermo, Cgil, Cisl e Uil.

Maria Falcone-2Secondo Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone e presidente della Fondazione che del magistrato porta il nome, è necessaria "un'azione a tutto campo che veda protagonisti le associazioni antimafia, le istituzioni, gli enti locali, i sindacati e le banche. Solo mettendo attorno allo stesso tavolo tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nella fruizione e nell'uso dei patrimoni sottratti ai clan si possono scongiurare i rischi di un cattivo utilizzo e, soprattutto, si può evitare che surrettiziamente, come diverse indagini dimostrano, le cosche ne riprendano il controllo". 

Maria Falcone pone l'accento sulla necessità di avere "una sorta di mappa dei patrimoni confiscati, del loro stato di salute, delle criticità che inevitabilmente vivono le aziende che si ritrovano a operare con le regole del mercato legale e della libera concorrenza dopo anni di monopolio assicurato dalla protezione mafiosa e dall'assenza di una dialettica interna con i lavoratori. E' fondamentale - conclude - proprio per sostenere queste aziende ed evitarne la morte, con tutte le conseguenze che ne derivano a danno dei lavoratori e del consenso sociale, un confronto costante con le banche e con i sindacati".

Articolo aggiornato il 17 febbraio 2021 alle ore 13,44 // Inserita dichiarazione Maria Falcone

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