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Cronaca Cinisi

No alla scarcerazione del figlio del boss Badalamenti: "Potrebbe scappare usando un altro nome"

Dopo la richiesta di estradizione del Brasile, ha spiegato di essere stato condannato "a sua insaputa" per droga, per un fatto del 2009. Non si sarebbe nascosto e aveva lasciato il Sud America senza problemi nel 2017, proprio quando la sentenza era diventata definitiva. Ma per i giudici resta il pericolo di fuga

La Corte d'Appello ha respinto l'istanza di scarcerazione avanzata, al termine dell'interrogatorio, da Leonardo Badalamenti, secondogenito dello storico boss di Cinisi, Gaetano, arrestato qualche giorno fa dalla Dia, sulla scorta di un mandato di cattura internazionale spiccato dal Brasile. Per il collegio presieduto da Mario Fontana (estensore Mario Conte, consigliere Luisa Anna Cattina), nonostante gli argomenti portati dalla difesa, rappresentata dall'avvocato Antonio Ganci, resterebbe "immutato il pericolo di fuga". Badalmenti rimane dunque in cella, in attesa che - entro un mese - venga fissato il procedimento finalizzato all'estradizione, alla quale si è opposto.

Durante l'interrogatorio, che si è svolto stamattina, anche sulla scorta delle risposte fornite da Badalamenti, sono diventate più chiare le contestazioni che gli muove il Brasile. Come lui stesso ha spiegato, sarebbe stato fermato nel 2009 con una cinquantina di grammi di cocaina. I poliziotti sudamericani, a suo dire, gli avrebbero proposto di pagare per chiudere un occhio, ma lui si sarebbe rifiutato. Per questo motivo, ben 11 anni fa, sarebbe finito per un giorno in carcere, con l'accusa di spaccio. Già ventiquattro ore dopo, però, il giudice avrebbe derubricato il reato in semplice detenzione di droga e lo avrebbe rimesso in libertà. Badalamenti ha sostenuto che in Brasile il possesso di sostanze stupefacenti sarebbe punito soltanto con i lavori socialmente utili ed è per questo che si sarebbe completamente disinteressato della vicenda giudiziaria. Nel frattempo, però, il processo sarebbe andato avanti - secondo l'imputato a sua totale insaputa - e alla fine, nel 2017, per lui era arrivata la condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi per spaccio di droga e per aver fatto parte di un'associazione a delinquere internazionale dedita al traffico di droga. Associazione che, però, sarebbe stata composta solo da lui, visto che non ci sono altri imputati e condannati nel procedimento.

L'11 maggio del 2017, era stato emesso il mandato d'arresto da parte del tribunale di San Paolo. E' proprio in quell'anno che Badalamenti aveva però lasciato (e senza alcuna difficoltà, nonostante la sentenza definitiva) il Brasile e si era trasferito a Castellammare del Golfo, a casa dell'anziana madre. Il fatto che risultasse latitante secondo le autorità brasiliane è emerso però soltanto in questi giorni, peraltro a poche ore dai contrasti avuti da Badalamenti con il sindaco di Cinisi, in seguito a una decisione della Corte d'Assise che gli ha restituito alcuni beni sequestrati anni fa per errore. Beni che il Comune ha in mano ormai da anni.

La difesa di Badalamenti ha spiegato ai giudici che non vi sarebbe alcun pericolo di fuga, visto che fino ad oggi non si è mai nascosto e che negli ultimi mesi ha persino presenziato ad alcune udienze al palazzo di giustizia. Non solo. L'avvocato ha prodotto i diari delle firme che Badalamenti ha regolarmente apposto dal 30 novembre 2017 al 30 novembre 2019, quando era sottoposto alla misura di prevenzione dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L'avvocato ha anche battuto sul fatto che il suo cliente avrebbe problemi di salute che lo renderebbero più vulnerabile al Covid-19. Da qui la richiesta di scarcerare o comunque di dare una misura cautelare meno afflittiva.

Un'istanza che è stata respinta. La Corte d'Appello ha invece accolto quella del ministero della Giustizia e della Procura generale di mantenere in carcere Badalamenti. "Le circostanze prospettate dalla difesa - scrivono i giudici nel provvedimento - non consentono di modificare in maniera significativa il quadro cautelare a carico del Badalamenti, in quanto, con riferimento alle precarie condizioni di salute, per far fronte all'emergenza sanitaria del Covid-19 sono state dettate specifiche norme finalizzate ad evitare la diffusione del virus anche all’interno delle carceri e che nella casa Circondariale di Palermo Pagliarelli non risultano casi di positività al Covid 19". Inoltre "l’avvenuta presentazione per adempiere all’obbligo di firma non può, altresì, incidere in alcun modo sul pericolo di fuga, tenuto conto che detta misura di prevenzione è venuta meno da quasi un anno (il 30 novembre 2019) e che, di contro, il Badalamenti risulta registrato presso l’Interpol brasiliano con tre diversi nominativi ed ha anche subito in detto Paese una condanna per uso di documenti falsi, come dallo stesso ammesso nel corso della presente udienza".

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