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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

"Faceva prostituire modelle minorenni", chiesti 17 anni di carcere per un manager

Pesantissima la condanna invocata per Francesco Pampa, titolare della "Vanity Models Management", arrestato a gennaio e processato con l'abbreviato. Sei anni e 2 mesi e 2 anni e 8 mesi le pene formulate per il suo ex socio Massimiliano Vicari e un presunto cliente. La difesa: "Erano le ragazze a chiedere di fare sesso, erano felicissime"

Diciassette anni e 4 mesi, è questa la pena chiesta dalla Procura per Francesco Pampa, che dietro al paravento della sua agenzia di moda avrebbe invece gestito, secondo l'accusa, un giro di prostituzione minorile, pagando lui stesso per fare sesso con modelle e promoter. Il sostituto procuratore Sergio Mistritta ha anche invocato una condanna a 6 anni e 2 mesi per l'ex socio di Pampa, Massimiliano Vicari, e a 2 anni e 8 mesi per un presunto cliente, Filippo Giardi.

La requisitoria si è tenuta questa mattina, davanti al gup Rosario Di Gioia, che sta processando i tre imputati con il rito abbreviato. A fine mese la parola passerà agli avvocati.

Le proposte indecenti del manager: "Ti devo sottomettere"

L'inchiesta della squadra mobile, coordinata dal procuratore aggiunto Annamaria Picozzi e che aveva fatto finire in carcere i due manager della "Vanity Model Mangement" a gennaio scorso, era nata dalla denuncia presentata l'estate precedente dalla madre di una delle ragazze che, sin da quando aveva 15 anni, sarebbe stata costretta a vendersi in cambio di somme tra i 50 e i 150 euro.

Erano emerse poi le storie di altre giovanissime, che avrebbero seguito la stessa strada, prostituendosi anche in occasione di eventi fuori dalla Sicilia, a Milano, ma anche in Campania, dove sarebbero state organizzate orge con minorenni, ostriche e champagne. Per l'accusa sarebbe stato Pampa a gestire gli incontri e a lucrare sul denaro ricavato dai rapporti sessuali delle ragazze. 

Le giovani hanno riferito di aver subito una sorta di "lavaggio di cervello" e "fortissime pressioni" da parte del titolare dell'agenzia di moda ed avrebbero avuto rapporti sessuali anche con persone dalle quali sarebbero state disgustate. "Ero solo un oggetto", aveva raccontato la ragazza che aveva fatto partire l'indagine. E lo stesso Pampa parlava di loro nelle intercettazioni come "carne da macello".

"Mi davano 150 euro, ero un oggetto"

Pampa ha reso dichiarazioni e si è difeso, sostenendo che sarebbero state le presunte vittime a chiedere di fare sesso, perché sarebbero state ambiziose e desiderose di fare la bella vita. Sarebbero state "felicissime", "erano loro a buttarsi addosso", così aveva detto al giudice, affermando di essere lui la vera vittima: "Sono arrabbiato perché mi hanno tradito", aveva spiegato, dipingendo le giovani che lo accusano come delle "disadattate", "drogate" e "che bevevano", sottolineando con volgarità che "bastava farle bere e aprivano le cosce". Pampa era stato più volte richiamato dal giudice, per il suo linguaggio e per il modo offensivo in cui parlava delle vittime.

Anche Giardi si era difeso, non negando di aver avuto rapporti con una delle minorenni, ma spiegando che si sarebbe innamorato di lei e che le avrebbe dunque fatto dei regali, ma non per pagare gli incontri sessuali. Cinque delle giovani si sono costituite parte civile nel processo e sono assistite dagli avvocato Silvia Sansone, Nino Zanghì, Giuseppina Cicero e Giovanni Maria Saitta.

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