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Martedì, 30 Aprile 2024
Mafia

L'imprenditore, il boss Lo Piccolo, i Rolex e il Dom Perignon in piazza: "L'ho ospitato durante la latitanza"

In un'intercettazione Giovanni Palazzolo, fondatore della Gls finito in carcere per mafia, raccontava di aver accolto il mafioso in casa della sorella a Terrasini. Ricordava anche i tempi in cui era ancora in giro suo figlio Sandro e i bagordi per strada. Due pentiti: "Lui era a disposizione, il tramite tra il clan e il Comune"

"Lui è stato qui, Lo Piccolo, all'epoca me l'hanno chiesta a me questa cortesia...". Era il 24 dicembre del 2021 quando, uscendo da casa della sorella, a Terrasini, l'imprenditore Giovanni Palazzolo, 68 anni, parlando con suo fratello gli avrebbe confidato di aver coperto per qualche giorno la latitanza del "barone" di San Lorenzo, Salvatore Lo Piccolo. Solo uno - secondo la Dia - dei tanti contributi che il fondatore della Gls avrebbe dato ai clan, in particolare alla cosca di Carini, che fa parte del mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale. Per questo ora, su disposizione del gip Alfredo Montalto, è finito in carcere per associazione mafiosa. L'intercettazione, captata nell'ambito delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Marzia Sabella, sarebbe un riscontro alle dichiarazioni risalenti addirittura al 2008 di due pentiti, Gaspare Pulizzi e Antonino Pipitone, che oltre ad aver indicato Palazzolo come "un tramite tra la famiglia mafiosa e il Comune di Carini", ma anche come colui che avrebbe personalmente ritirato il pizzo richiesto dai boss a diversi imprenditori, dicono che avrebbe appunto ospitato in casa della sorella Lo Piccolo quando era latitante.

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"Questo Lo Piccolo non era un grande uomo"

Nella stessa conversazione, l'indagato avrebbe dato un giudizio non proprio lusinghiero sul "barone" di San Lorenzo: "Questo non era un grande uomo..." e il fratello diceva: "Quando io l'ho conosciuto faceva il cameriere da questo Nino Spatola, lì a Tommaso Natale... e poi lui se lo è mangiato". Palazzolo ricordava pure i tempi in cui era ancora in giro anche il figlio di Lo Piccolo, Sandro: "Aprivano Dom Perignon qua, nella piazza a Terrasini, Rolex, cose, buttane...". Tra un ricordo e l'altro, però, l'indagato avrebbe manifestato anche qualche perplessità sul fatto che l'ospitalità offerta al boss non avrebbe avuto conseguenze, anche alla luce dei vari pentimenti avvenuti tra i membri della cosca di Carini: "Come non ci ha consumati quello...", affermava infatti.

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Il pentito: "Ha ospitato il boss in casa della sorella a Terrasini"

Non poteva saperlo, Palazzolo, che in realtà il collaboratore di giustizia Pipitone di questo episodio aveva già riferito agli investigatori addirittura nel 2016: "La latitanza di Lo Piccolo è stata dalla sorella di Palazzolo, è stato lui (Palazzolo, ndr) a trovare il luogo a Terrasini per fare pernottare Lo Piccolo un paio di giorni, lui ha una sorella a Terrasini... Era a disposizione Palazzolo...". E proprio secondo il racconto dei due pentiti l'indagato, attivo nei settori delle costruzioni, della logistica e della ristorazione, imparentato peraltro con i boss Pipitone, sarebbe stato al loro servizio per anni.

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"Aveva una longa manus dentro il Comune..."

Pulizzi nel 2008 aveva riferito che l'indagato avrebbe provveduto a ritirare il pizzo da diversi imprenditori, compreso uno che all'epoca stava facendo dei lavori all'Ordine dei medici a Palermo: "Se la sbrigava Palazzolo i soldi della messa a posto li faceva avere a noi e io li facevo avere a Sandro Lo Piccolo, di fatti la messa a posto fu 30 mila euro". E aveva aggiunto: "Lui è sempre stato vicino ai Pipitone, perché c'è una parentela tra loro e Giovanni si è sempre fatto grande di questa parentela... Con l'amministrazione comunale, aveva un rapporto intimo col sindaco, con La Fata... Da un po' di anni con la politica, al Comune, diciamo ha avuto una longa manus dentro il Comune per via del rapporto personale con i Pipitone... Se io ho bisogno di una cosa al Comune parlo con Giovanni e gli dico: 'Te la vedi tu che poi, quello che puoi fare al Comune'". Non sarebbe stato affiliato formalmente a Cosa nostra ma "era come un tramite tra il Comune e la famiglia", dice ancora Pulizzi. Nel 2018, il pentito, nell'ambito di un procedimento della Procura di Bologna ha spiegato pure che "parte dei soldi della famiglia sicuramente Palazzolo li ha maniati". 

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I boss, i politici e l'affare del centro commerciale Poseidon

Pipitone, nel 2016 ha spiegato del presunto accordo tra clan, amministrazione comunale e imprenditori per realizzare il centro commerciale Poseidon di Carini: "Del Poseidon, mi ricordo ci fu la lottizzazione, il terreno era verde agricolo, si doveva trasformare in edificabile come zona commerciale e dipendeva dal Comune di Carini, si sono messi tutti d'accordo, tutta la corrente politica, che doveva fare la trasformazione sul piano regolatore... Tutti i miei zii - afferma il pentito - erano intervenuti... Trattavano sempre mio zio Vincenzo e Antonino Di Maggio, trattavano questa vendita con il Comune di Carini, con l'architetto di Carini, col sindaco, la corrente... La quota che si doveva uscire del Poseidon era un miliardo di lire, per esempio 500 milioni se li prendeva la famiglia mafiosa di Carini e 500 milioni se li divideva il Comune che doveva fare il cambio di destinazione d'uso... Erano tutti d'accordo"

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"Giovanni Palazzolo era l'addetto al Comune di Carini"

Pipitone ha pure raccontato: "Mi ricordo che La Fata (che all'epoca era sindaco, ndr) non voleva questi incontri con mio zio Vincenzo, che ci andava pure a casa parecchie volte, in villeggiatura... C'era un tramite, era Giovanni Palazzolo... portava messaggi dall'uno all'altro". E ha aggiunto: "Giovanni Palazzolo è stato sempre vicino a noi Pipitone, a prescindere dalla parentela era sempre con noi, a disposizione in tutto e per tutto... Era addetto al Comune di Carini, interferiva sia con il sindaco e con gli uffici tecnici per lavori di lottizzazione, per cambiare destinazione d'uso dei terreni, era lui il tramite...Era lui referente che andava a parlare". Non avrebbe avuto una controparte, ma, dice ancora il pentito "sicuramente i miei zii un pensiero per la parte sua c'era sicuramente, era coperto da noi... Era il tramite per tutti i politici... A volte prendeva l'estorsione direttamente, la incassava e la portava".

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"Io sono messo che per ora appena sbaglio cado..."

In tempi più recenti, Palazzolo intercettato dalla Dia, avrebbe iniziato a manifestare delle preoccupazioni ("io sono messo che per ora così, appena sbaglio cado...") e cercato anche di prendere le distanze dai boss. Avrebbe temuto, per esempio, il pentimento di Freddy Gallina, arrestato ed estradato dagli Usa: "Freddy? Speriamo perché io me lo auguro che se ne esce, manco un cane, speriamo che se ne esce per davvero da queste cose, se devo essere sincero io mi scanto, spero di sbagliarmi...". Ma l'imprenditore avrebbe temuto anche per i suoi beni: "Qualsiasi cosa succede a me mi devono arrestare, il rischio è alto, ora c'è la confisca dei beni... E gli ho detto: 'Notaio prima o dopo non glieli devo lasciare le cose ai miei figli?', questo discorso ha quasi 10 anni... Prima erano caramelle, ora... Ho 40 anni di attività, questo non ho paura, io fatturo, quest'anno c'è stata questa botta e siamo arrivati a 50 milioni, ma io faccio da 25 a 30 milioni di fatturato all'anno...".

"Non mi devono chiamare e non mi devono cercare"

Parlando con una persona spiegava: "Io quando ho preso Gls si sono presentati e gli ho detto no, non abbiamo niente da fare... Perché se io all'epoca ti avessi detto sì, metti i tuoi e non farti più vedere, quanto ti devo portare ogni anno, tu saresti venuto a farmi i conti in tasca a me, il culo ti faccio presente che me lo rompo io, non tu... Siccome volete fare tutti le prime donne e andate sminchiando a tutti, dove passate sminchiate tutte cose, io non l'ho mai accettato". E ancora: "Ho mandato mio fratello... 'Gli devi dire che non mi devono né chiamare e manco cercare...', loro non hanno niente da perdere e io ho da perdere, tu cosa mi hai dato a me? Niente! La cortesia se te la posso fare, me la mandi a dire con qualcuno, se non te la posso fare, punto. Anche perché nel paese una volta politicamente, qualche parola potevo dirla, oggi, c'è quello che mi è andato a denunciare, a dire 'era mafioso' e questo è il sindaco per me! Ora in questa legislatura, io avrei voluto che a Carini il sindaco lo doveva fare quel mio compare, purtroppo l'invidia, le dicerie, non è stato possibile. Se Pierpaolo Pellerito andava a fare il sindaco, il sindaco sarebbe stato Giovanni Palazzolo... Io non ho né il tempo per farlo e né gli interessi per farlo e neanche sono un grosso proprietario terriero per cui ho bisogno che qualcuno mi deve cambiare qualche destinazione...".

La reazione del Comune di Carini

"L'amministrazione Monteleone - afferma in una nota il sindaco Giovì Monteleone - che è estranea ai fatti al centro dell'inchiesta e si congratula con la Procura e la Dia, comunica sin d'ora la piena disponibilità e collaborazione con gli organi inquirenti, qualora ve ne fosse bisogno, e tiene a sottolineare di essersi sempre distinta per aver fatto attività concrete all'insegna della legalità acquisendo al patrimonio comunale immobili dei mafiosi a seguito di provvedimenti di repressione dell'abusivismo edilizio per destinarli alla pubblica utilità e alla demolizione finalizzata alla esecuzione di opere di riqualificazione urbana".

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