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Cronaca

Video "indecorosi" sui social, sì al procedimento disciplinare per due avvocati palermitani

Il Consiglio dell'Ordine ha deciso sui casi di Vincenzo Sparti ed Alfonso Sorge, che avevano diffuso filmati segnalati all'organismo anche dal sindaco perché ritenuti lesivi. Ma per il primo, 7 consiglieri hanno votato contro il deferimento. Lui attacca: "E' una decisione illegittima, non merito questo trattamento"

Video postati sui social e segnalati da più parti, compreso dal sindaco, Leoluca Orlando, perché ritenuti indecorosi e potenzialmente pericolosi: adesso sarà il Consiglio distrettuale di disciplina dell’Ordine degli avvocati a valutare i comportamenti di due legali, Vincenzo Sparti ed Alfonso Sorge, e a stabilire se meritano o meno una sanzione. Lo ha deciso ieri sera il Consiglio dell’ordine, presieduto da Giovanni Immordino, che – anche se non all’unanimità sul caso Sparti – ha dato il via libera ai due procedimenti disciplinari.

Non tutti i consiglieri, infatti, hanno votato a favore: sette rappresentanti soprattutto della minoranza all’interno dell’organismo non hanno ritenuto vi fossero gli estremi per deferire Sparti. Si tratta di Mario Bellavista, Michele Calantropo, Luciano Termini, Ivana Mazzola, Valeria Minà, Daniele Solli e Maria Carla Grimaldi (che fa parte invece della maggioranza). Della vicenda, però, oggi nessuno ha voluto parlare, tranne i due interessati. In serata, invece, il gruppo di minoranza ha tenuto a specificare che "ci siamo opposti perché vi erano carenze gravi sulla legittimità procedurale, si trattava infatti di esposti formalmente inidonei e viziati per l'assenza di prova circa la paternità della firma del denunciante e degli altri presunti sottoscrittori".

La settimana scorsa l’Ordine aveva assunto una posizione molto dura contro comportamenti ritenuti lesivi della dignità dell’intera categoria e della sua delicata funzione sociale, sancita peraltro dalla Costituzione. In particolare, si era stigmatizzato l’uso della rete e dei social per offrire assistenza gratuita, soprattutto contro medici impegnati nella lotta al Covid-19, per ipotetici casi di malasanità in piena emergenza.

A Sparti è stata contestata la pubblicazione di un video su Facebook in cui illustrava la tesi dello “stato di necessità” in relazione agli assalti ai supermercati organizzati in questa fase così critica. Un filmato che aveva poi rimosso. Il caso di Sorge, invece, è legato alla diffusione in due gruppi Whatsapp di un video in cui, a suo dire, sbeffeggiava proprio quegli avvocati che cercavano di farsi pubblicità con tesi discutibili. Con ironia (che evidentemente non è stata compresa), Sorge cercava così di "giustificare" chi ruba l’energia elettrica. Sarebbe stato uno dei membri dei gruppi (“un collega di Napoli che neppure conosco”, ha spiegato Sorge) a postare poi il video su Facebook. L’avvocato ne aveva quindi pubblicato un secondo per spiegare le sue intenzioni e chiarire che il suo sarebbe stato uno scherzo.

Sorge oggi afferma di non aver “ricevuto una comunicazione ufficiale dall’Ordine”, ma che in ogni caso, in merito all’eventuale deferimento, “accetto ciò che ha stabilito il Consiglio”. Si difenderà nella sede opportuna, insomma. Ben diversa la posizione di Sparti: “Il Consiglio – spiega – ha operato in maniera illegittima perché chi mi ha segnalato lo ha fatto sulla scorta di una nota di dubbia provenienza. Si tratta di un documento firmato da quindici colleghi, che uno soltanto, peraltro sospeso, ha confermato di aver sottoscritto. Quando ho chiesto di intervenire per fare questa premessa formale – aggiunge Sparti – sono stato invece escluso dalla videoconferenza. Il Consiglio mi ha riservato un trattamento ingiusto, a maggior ragione per la mia qualità di consigliere”.

Alla luce di ciò che è accaduto, però, l’avvocato ammette che quel video “forse è stato inopportuno”, ma, come rimarca, “resta il diritto di manifestare liberamente il pensiero giuridico”. E  infine chiarisce: “Sono un fanatico della verità, che per me è un valore sacro e sono abituato sviluppare i problemi sul piano logico. Non so se sia un dono o un castigo. La mia era una disquisizione giuridica e un appello alle istituzioni per evitare di aggravare una situazione già drammatica. Saranno dei giudici a valutare se la tesi dello ‘stato di necessità’ abbia o meno un fondamento”.

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