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Cronaca

Giro di prostituzione in finte case vacanza, poliziotto e la moglie condannati pure in appello

Quattro anni ciascuno a Felice Galletta, in servizio al Reparto mobile, e Chiara Spanò che erano finiti agli arresti domiciliari a marzo del 2016. Secondo la Procura avrebbero affittato tre appartamenti a squillo e trans incassando una quota anche sui rapporti sessuali a pagamento

Nonostante fosse un poliziotto in servizio al Reparto mobile, assieme alla moglie, avrebbe gestito un giro di prostituzione anche transessuale all'interno di tre appartamenti sparsi per la città. Per Felice Galletta, 48 anni, e Chiara Spanò, di 44, la terza sezione della Corte d'Appello (collegio presieduto da Antonio Napoli) ha confermato la condanna a quattro anni di reclusione ciascuno, inflitta in primo grado a dicembre del 2016 con il rito abbreviato.

La coppia (come era emerso dalle indagini anche l'imputata si sarebbe prostituita) era finita agli arresti domiciliari il 22 marzo di quattro anni fa. In base alla ricostruzione compiuta allora dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dal sostituto Francesca Dessì, gli imputati avrebbero affittato tre abitazioni - in via Juvara, vicino al palazzo di giustizia, in via Sampolo e in via Giotto - a diverse prostitute e ad alcuni trans brasiliani, che avrebbero poi dovuto versare loro una quota sulle prestazioni sessuali a pagamento.

Galletta e Spanò, durante il riesame, avevano spiegato di essere stati spinti dalla "crisi" e dalle "difficoltà economiche" e i loro avvocati, Salvino Caputo e Francesca Fucaloro, hanno sempre sostenuto che i due non sapessero nulla di quanto accadesse in quegli appartamenti, che sarebbero stati delle semplici case vacanza. Di più: quando si sarebbero accorti degli strani giri dei loro inquilini, a loro dire, avrebbero disdetto immediatamente i contratti di locazione.

Ad incastrare la coppia sarebbero però le intercettazioni: "Hai un'amica - diceva il poliziotto a due trans - sono 400 euro a settimana per uno, avete due stanze, 800 euro a settimana". L'inchiesta era partita dopo una segnalazione al 113 di un residente di via Giotto, ormai stanco di sopportare il continuo viavai nel suo condominio. "Adesso - diceva un altro residente all'imputato - suonano pure a casa mia e la volta scorsa si stavano infilando dentro da me, ero con la mia fidanzata, c'è un passio indescrivibile".

I clienti sarebbero stati reclutati con annunci in rete, come "bella siciliana riceve per appuntamento". Tra di loro ci sarebbe stato chi cercava specificamente transessuali e, tra i più richiesti, come era emerso dall'inchiesta, ce ne sarebbe stato uno che si faceva chiamare "Anaconda". Secondo l'accusa, le tariffe per i rapporti variavano da 50 a 100 euro.

In primo grado il gup Nicola Aiello non aveva creduto alle spiegazioni degli imputati e li aveva condannati a quattro anni ciascuno. Una sentenza che è stata integrarlmente confermata dalla Corte d'Appello. La difesa attende le motivazioni per impugnarla in Cassazione.

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