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Cronaca

"Mi deve riempire il cofano di fumo": capo della Dia racconta le trasferte del clan a Palermo

Il vicequestore agrigentino Roberto Cilona continua la sua "deposizione fiume" al processo scaturito dall'inchiesta "Kerkent" che nel 2019 portò a 32 arresti in totale (quattro i palermitani finiti in manette) con le accuse di mafia e spaccio di droga

"Mi devono riempire il cofano di fumo". Fra le tante dichiarazioni attente al telefono ce n'era qualcuna poco avveduta. Come quella del trentaquattrenne Alessio Di Nolfo che, intercettato dalla Dia che indagava sul clan legato al boss Antonio Massimino, si lasciava andare ad affermazioni che non lasciano molto spazio all'immaginazione. A rivelarlo in aula, in quello che è ormai divenuto un interrogatorio "fiume" (rallentato anche dall'emergenza Covid che non consente di proseguire le udienze al pomeriggio), è il capo sezione della Dia, Roberto Cilona, deponendo al processo scaturito dall'inchiesta antimafia "Kerkent" che ha stretto il cerchio attorno al clan del boss Massimino, tornato pienamente operativo - sostiene l'accusa - dopo avere scontato la seconda condanna per mafia rimediata nell'operazione San Calogero.

L’operazione Kerkent fu messa a segno nel 2019 con 32 arresti in totale: quattro i palermitani finiti in manette. La base operativa ad Agrigento, con ramificazioni, in particolare, a Palermo. Le accuse: mafia, spaccio, armi e sequestro di persona.

In questo troncone, davanti ai giudici della prima sezione penale presieduta da Alfonso Malato, con a latere Alessandro Quattrocchi e Giuseppa Zampino, sono imputati in sette. Si tratta di Pasquale Capraro, 28 anni; Angelo Cardella, 48 anni; Francesco Luparello, 46 anni; Saverio Matranga, 42 anni; Gabriele Miccichè, 29 anni; Calogero Trupia, 34 anni e Angelo Iacono Quarantino, 28 anni.

Cilona, rispondendo alle domande del pm della Dda Alessia Sinatra, ha continuato la ricostruzione delle trasferte palermitane, scandagliate con intercettazioni, pedinamenti e appostamenti che partivano quasi sempre dallo stesso posto: l'autolavaggio di Giuseppe Messina, fra Villaseta e Monserrato, vero e proprio quartier generale - almeno secondo quanto ipotizza l'accusa - del clan Massimino. 

"Francesco Vetrano e Alessio Di Nolfo - ha raccontato il capo della Dia - vanno a Palermo per incontrare Domenico La Vardera (uno dei presunti punti di riferimento di quel "canale" dello spaccio) e parlano di scarpe da recuperare. In effetti La Vardera era un commerciante ambulante di calzature ma era inverosimile, in quel contesto, che stessero parlando proprio di scarpe e che fossero andati a Palermo per quello".

Nel ripercorrere le numerose intercettazioni e l'attività di pedinamento nei confronti degli indagati, Cilona - all'udienza precedente - aveva svelato un contrasto fra Massimino e Di Nolfo (imputati in un altro troncone del processo) per una questione legata a presunti ammanchi nello smercio degli stupefacenti. Il boss, per questo, avrebbe commissionato un doppio incendio ai suoi danni. Agli atti dell'inchiesta c'è anche una foto, che ritrae il capomafia, con un cacciavite in mano puntato contro Di Nolfo mentre lo tiene per un braccio e lo minaccia. La scena è stata filmata nel negozio di bevande gestito dal boss. 

Operazione Kerkent, i retroscena

Dallo Sperone, con direzione Agrigento, partivano fiumi di cocaina e hashish. E' uno dei retroscena emersi nell'operazione messa a segno dalla Dia nel 2019. Numerosi i contatti e frequenti gli acquisti di sostanze stupefacenti di varia natura che i membri dell’associazione diretta dal capo agrigentino Antonio Massimino effettuavano con il trafficante palermitano Domenico La Vardera. Nel periodo coperto dalle indagini, infatti, sono stati documentati vari episodi in occasione delle quali "Mimmo" La Vardera - nel periodo compreso tra l’agosto 2015 gennaio 2016 - consegnava agli emissari di Massimino consistenti quantitativi di hashish e cocaina.

Sono stati numerosi i contatti telefonici registrati con i palermitani, le cui conversazioni hanno riguardato quasi esclusivamente accordi per l’acquisto di sostanze stupefacenti e la conseguente organizzazione delle trasferte a Palermo da parte dei sodali di Massimino. Ciò ha trovato ampio riscontro anche nelle conversazioni ambientali registrate al rientro dalle trasferte a Palermo, quando gli agrigentini hanno commentato l’esito dei viaggi, la qualità e la quantità della sostanza stupefacente acquistata. La Vardera viene “presentato” e coinvolto negli affari illeciti con il gruppo criminale dal pregiudicato agrigentino Calogero Trupia.

"Nello specifico - si leggeva nell'ordinanza - è emerso che alcuni componenti dell’associazione monitorata si sono recati più volte a Palermo nel quartiere Sperone, per effettuare acquisti di stupefacenti da “Mimmo”, ovvero La Vardera, pregiudicato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Il primo contatto è datato 11 agosto 2015. Nel corso della conversazione ambientale registrata a bordo della Citroen C3, Giuseppe Messina dialoga con Trupia, chiamato “U Cuccu”". I due parlano di un fornitore che avrebbero contattato dal telefono pubblico di un bar. "Le rnicrospie installate a bordo dell’auto utilizzata da Messina hanno consentito di registrare il consueto ricorso ad espressioni criptiche per fare riferimento a sostanze stupefacenti (come “un paio di scarpe buone”)". "Gli ho detto: o noi ... o coso? (...) lo scende un paio?... (...) e lui fa.,.dice... le Nike?... un paio...  si, si, si.. .stasera".
 

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