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Mafia Villagrazia

Morto al 41 bis Benedetto Capizzi, il boss di Villagrazia che voleva rifondare la Cupola di Cosa nostra

Il mafioso, 79 anni, era recluso nel carcere di Opera e nei mesi scorsi era stato trasferito all'ospedale San Paolo di Milano perché le sue condizioni di salute erano peggiorate. Stava scontando un ergastolo per l'omicidio di un autotrasportatore e 30 anni per il sequestro e l'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo

"All'ultimo ci sediamo e cerchiamo di fare una specie di Commissione all'antica... Cinque, sei, otto cristiani come si faceva una volta e quindi la responsabilità se dobbiamo fare una cosa ce l'assumiamo tutti", era questo il progetto del boss di Villagrazia, Benedetto Capizzi, quando dopo gli arresti di Totò Riina (1993), Bernardo Povenzano (2006) e di Salvatore e Sandro Lo Piccolo (2007) aveva deciso di rifondare la Cupola di Cosa nostra. Un piano sventato con lo storico blitz "Perseo" del 2008. Il mafioso, che aspirava ad essere un "capo dei capi", è morto in ospedale a Milano, dove era stato ricoverato mentre era detenuto al 41 bis nel carcere di Opera. Aveva 79 anni.

Mentre le condizioni dell'ultimo dei Corleonesi, Matteo Messina Denaro, catturato lo scorso 16 gennaio dopo trent'anni di latitanza si aggravano di giorno in giorno, la morte di Capizzi mette un ulteriore punto alla storia del clan mafioso tra i più sanguinari, che dalla provincia era riuscito - a suon di omicidi e stragi - a prendersi la città. In carcere è recluso anche il figlio di Capizzi, Sandro, pure lui condannato per mafia.

Il boss di Villagrazia stava scontando un ergastolo per l'omicidio di un autotrasportatore, compiuto assieme al boss di Altofonte, Mimmo Raccuglia, ed anche una condanna a 30 anni, inflitta con il rito abbreviato, per aver partecipato al sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del boss poi pentito Santino, ucciso e sciolto nell'acido dopo oltre due anni di prigionia. Fu Capizzi a consegnare il bambino di 12 anni ai mafiosi agrigentini, che poi lo riconsegnarono ai palermitani.

Mentre scontava l'ergastolo, il boss di Villagrazia, fingendosi malato, era riuscito tuttavia ad ottenere gli arresti domiciliari. Venne però nuovamente arrestato dopo pochi mesi con l'operazione "Perseo", dalla quale era emerso il suo tentativo di ricostituire la Commissione di Cosa nostra, trovando alleanza tra i mafiosi della provincia di Palermo, ma creando forti malumori nel clan di Porta Nuova. E furono proprio le tensioni e le fibrillazioni intercettate dai carabinieri, che fecero temere una faida e che fecero quindi scattare il blitz. "Se qualcuno vuole alzare la cricchia - diceva Capizzi al figlio Sandro - se la cali, perché ci lascia la pelle, chiaro? Pugno duro, hai capito? Pugno duro con tutti".

Le condizioni di salute del mafioso si sono aggravate in questi ultimi mesi, tanto da rendere necessario il suo trasferimento dal carcere di Opera all'ospedale San Paolo di Milano, dove ora è deceduto. La Procura ha disposto l'autopsia.

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