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Cronaca

Il caso della morte del detenuto a Palermo, la denuncia: "L'estate più drammatica nella storia delle carceri italiane"

A sostenerlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria che oggi pomeriggio sarà a Palermo e proseguirà il tour in Sicilia

“Con la morte del giovane detenuto nell’ospedale di Palermo, dove era in coma da giorni a seguito del tentato suicidio, sono diventati 60 i suicidi dall’inizio dell’anno: è questa l’estate più drammatica della storia delle carceri italiane”. A sostenerlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria che oggi sarà a Barcellona Pozzo di Gozzo (ore 14), a Palermo (ore 17) e proseguirà il tour tra le carceri in Sicilia a completamento delle visite e degli incontri già svolti in una sessantina di penitenziari del Paese.

“Il bilancio dell’estate che sta per finire è tragico - dice Di Giacomo -. È sufficiente sottolineare che solo per l’intervento, l’impegno, la professionalità degli agenti in occasione delle numerose rivolte non abbiamo ripetuto le tragedie delle carceri sudamericane con centinaia di morti per incendi e risse. Noi abbiamo tentato un primo bilancio di questi ultimi mesi: 16 suicidi oltre a quello di un nostro collega e nove tentativi di suicidio, 18 casi di celle incendiate, almeno cinque episodi di aggressione a personale penitenziario la settimana, 12 risse tra detenuti di clan rivali o tra detenuti italiani ed extracomunitari. Per tutto questo - aggiunge - abbiamo deciso azioni di mobilitazione per smuovere il ‘torpore’ mentre di fronte all’emergenza esplosa con le cosiddette mini rivolte diffuse in numerosi istituti e le quotidiane aggressioni al personale penitenziario, la politica ha deciso di rinviare tutto al nuovo governo e al nuovo Parlamento. Ma l’emergenza carcere non può aspettare il voto del 25 settembre e altri mesi per l’insediamento del Parlamento e del governo: noi non siamo più disponibili a tollerare il lassismo e raccogliendo le continue proteste dei colleghi che non ce la fanno più a fare da ‘bersagli’ su cui detenuti violenti possono scatenare la propria rabbia abbiamo deciso di passare alla mobilitazione. Continuiamo a mettere in guardia: è ora non domani il momento di agire”.

“Sarebbe sufficiente – continua il segretario del sindacato – mettere insieme la legalità e la sicurezza dei cittadini che tutti i partiti invocano per l’”esterno” del carcere con le stesse necessità per l’“interno”. Uno Stato che oltre a non garantire la legalità nelle carceri non riesce a garantire la sicurezza dei detenuti e dei suoi dipendenti (il personale penitenziario) testimonia di aver rinunciato ai suoi doveri civici sino a far passare inosservata la “strage” di questa estate con detenuti di età sempre più giovane. Da servitori dello Stato l’impegno del personale penitenziario è rivolto a far rispettare la legalità e al contrasto a mafia e criminalità che, a nostro parere, deve svolgersi a partire dalle carceri. Ma in queste condizioni non siamo in grado di poterlo fare. Ci sono azioni, misure, provvedimenti che si possono e si devono attuare subito, prima dell’elezione del nuovo Parlamento e la nomina del nuovo Governo, perché più passa tempo e più l’illegalità si diffonde con il rischio di ripetere quanto accaduto con le rivolte nella primavera del 2020”.

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