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Patto mafioso per gestire mercato del pesce: colpo al clan di Gela, presi due palermitani

Maxi blitz contro Cosa nostra tra Italia e Germania: in tutto 37 arresti. In manette anche un avvocato e due carabinieri. Scoperti accordi tra il boss Salvatore Rinzivillo e importanti esponenti della malavita palermitana. I tentacoli mafiosi sulla Capitale

Oltre ad un’ala criminale (che si occupa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti, estorsioni, intestazioni fittizie e traffico di armi), il clan di Cosa Nostra gelese dei Rinzivillo aveva un’ala imprenditoriale - con legami stretti con la mafia palermitana - che aveva il suo business in edilizia, trasferimento fraudolento di beni e commercializzare di autoveicoli e alimenti, in particolare prodotti ittici. E' uno dei retroscena che emerge nell'operazione che oggi ha portato all’arresto di 37 persone accusate di essere affiliate al clan.

I tentacoli della mafia siciliana su Roma: vai all'articolo di RomaToday

Dalle indagini svolte dalle Dda di Roma e Caltanissetta è infatti emerso che la commercializzazione di prodotti ittici in Italia e all’estero era un fattore di primaria importanza per il clan di Gela e si era sviluppato grazie ad accordi tra il boss Salvatore Rinzivillo (tra gli arrestati di oggi) ed importanti esponenti della mafia palermitana. Originari di Gela, la cosca era alleata con i Madonia e i corleonesi di Totò Riina. Esisteva un vero e proprio accordo di spartizione territoriale per il commercio di prodotti ittici in tutta la Sicilia, con mire espansionistiche anche sui mercati di Roma, Milano e tedesco. E tra gli arrestati figurano anche due palermitani: Antonio Giovanni Maranto, 52 anni (detenuto) e Giuseppe Rosciglione, 38 anni. In manette pure un avvocato e due carabinieri. Nei confronti dei due militari l'accusa è di accesso abusivo alle banche dati delle forze dell'ordine: in sostanza avrebbero passato notizie riservate ai membri del clan, da sempre alleato dei Madonia e con i corleonesi.

Inoltre il clan utilizzava le società ittiche per il reimpiego dei proventi illeciti derivanti dalle sue attività criminali. Un “patto mafioso” sul commercio di pesce che aveva anche consentiva al boss Rinzivillo di infiltrarsi nel mercato del settore tramite imprese mafiose da lui controllate, riferibili a prestanome di Gela. Rinzivillo aveva preso contatti con esponenti mafiosi di Mazara del Vallo (costringendo alcuni imprenditori locali a fornire il pesce a credito piuttosto che a fronte di pagamento in contante all’atto della consegna), con importanti pregiudicati messinesi e perfino con un boss italo-americano di stanza a New York, noto dai tempi del maxi processo di Palermo come appartenente alla famiglia di Cosa Nostra Bonanno, fazione Catalano.

Dalle indagini della Dda di Caltanissetta sono infine emersi, come già documentato dalle parallele investigazioni della Dda di Roma, significativi rapporti tra Salvatore Rinzivillo e i clan mafiosi di Catania, come gli affiliati ai La Rocca di San Michele di Ganzaria e al clan dei “Carcagnusi” (Mazzei), un gruppo criminale catanese con interessi anche a Roma. Perché Cosa nostra siciliana aveva messo le mani sulla Capitale. E un avvocato romano, Giandomenico D’Ambra, avrebbe fatto da tramite fra il clan gelese e altre famiglie mafiose. Tra le vittime di intimidazioni e minacce c'è Aldo Berti, titolare di uno storico bar di via Veneto a Roma, al quale sono stati "chiesti" 180 mila euro. La vittima, da un lato ha presentato una denuncia e dall’altro si sarebbe rivolto ad un mafioso palermitano, Baldassarre Ruvolo, prima collaboratore di giustizia e poi estromesso dal programma di protezione, appartenente ai Galatolo. Alle operazioni di oggi ha fornito un rilevante apporto in fase esecutiva anche la Squadra Mobile di Palermo.

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