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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca San Cipirello

Gli ruppe una bottiglia sulla nuca perché faceva rumore, processo da rifare: "Non fu un tentato omicidio"

Lo scontro tra due giovani era avvenuto nel 2020 nella piazza di San Cipirello. L'imputato, già condannato in primo e secondo grado, avrebbe rimproverato la vittima che con i suoi schiamazzi avrebbe disturbato il sonno della madre. Per la difesa il reato da contestare sarebbe quello di lesioni personali. La Cassazione annulla la sentenza

Ruppe una bottiglia di birra sul collo di un coetaneo che avrebbe avuto la "colpa" di disturbare sua madre mentre dormiva. In primo e in secondo grado il gesto di David Maniscalco, 23 anni, è stato considerato un tentativo di omicidio, anche se la vittima, S. E. L. M., pur riportando una grossa ferita non era mai stato in pericolo di vita. Adesso la prima sezione della Cassazione ha deciso di annullare la condanna a 3 anni un mese e 10 giorni inflitta all'imputato con l'abbreviato e di disporre un nuovo processo.

I giudici hanno accolto il ricorso del difensore di Maniscalco, l'avvocato Antonino Cacioppo, che da sempre ha sostenuto la tesi delle lesioni personali, reato meno grave del tentato omicidio. Una nuova sezione della Corte d'Appello (che si è già pronunciata il 10 gennaio del 2022, confermando integralmente in verdetto del gup) dovrà dunque pronunciarsi sulla vicenda, che risale all'8 marzo del 2020 e che avvenne nella piazza di San Cipirello.

Secondo la ricostruzione della Procura, i due avrebbero litigato vicino all'abitazione dell'imputato, dove c'erano anche altri ragazzi. Maniscalco avrebbe contestato alla vittima, che allora aveva 18 anni, di fare troppo rumore e di disturbare la madre e il suo compagno che stavano dormendo. Secondo alcuni testimoni, già in quel frangente l'imputato avrebbe dato un pugno in faccia all'altro ragazzo e gli avrebbe rotto gli occhiali. Così quest'ultimo, come ha ammesso, gli avrebbe telefonato "per discutere del fatto degli occhiali". I due si sarebbero quindi ritrovati in piazza e, quando Maniscalco era arrivato, la vittima, temendo ritorsioni, avrebbe cercato di prendere "un oggetto contundente" dal cofano della sua auto, ma era stato colpito prima di averne il tempo dall'imputato. 

Per i giudici d'appello ci sarebbe "la granitica certezza che l'incontro dei giovani a casa di Maniscalco non era una normale serata di conversazioni tra amici, degenerata in lite per un banale rimprovero", ma "la questione, quale che fosse (ma non certo il disturbo del sonno della mamma) aveva raggiunto un livello altissimo di resa dei conti". Inoltre, il medico legale aveva parlato di due colpi di bottiglia, un primo quando era piena e il secondo da taglio dopo la rottura "con la intuitiva deduzione dell'idoneità a provocare la morte poiché l'imputato dopo aver con il fortissimo colpo inferto alla nuca compromesso le capacità di reazione della vittima l'aveva subito dopo attinto al collo (in una zona 'contenente strutture vitali')". Per la Corte d'Appello, infine, "gli atti posti in essere dall'imputato erano pienamente idonei a cagionare la morte, per la sede corporea attinta, l'idoneità dell'arma impiegata nonché le modalità dell'atto lesivo".

Una ricostruzione che è stata sempre respinta dalla difesa dell'imputato, che ha sostenuto che non ci sarebbe stato alcun tentativo di omicidio, ma al massimo delle lesioni personali provocate dall'imputato alla vittima. Dopo due sentenze che davano torto all'imputato, la Cassazione ora ha deciso che debba essere celebrato un nuovo processo, annullando le decisioni precedenti.

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