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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

"Il contatore era intestato a lei, ma non ha rubato la corrente": assolta dopo 11 anni

Nella villetta bifamiliare di proprietà della donna, nel 2011, i carabinieri e i tecnici dell'Enel scoprirono che l'apparecchio era stato manomesso. L'imputata, nonostante non vivesse più in quell'immobile da diversi mesi, era finita sotto processo per furto. In primo grado, nel 2019, era stata pure condannata a 6 mesi

La sua unica colpa sarebbe stata quella di essere intestataria del contratto per la fornitura di energia elettrica in una villetta in cui però non avrebbe più abitato da diversi mesi. Quando l'Enel e i carabinieri avevano infatti scoperto che il contatore era stato manomesso e che all'interno di quella casa si rubava la corrente, era stata proprio lei, M. V., 50 anni, a finire sotto processo per furto aggravato e ad essere poi anche condannata a 6 mesi. Adesso, la terza sezione della Corte d'Appello - a ben 11 anni dai fatti - ha invece deciso di assolvere la donna "per non aver commesso il fatto".

Il collegio presieduto da Antonio Napoli ha accolto le tesi dell'avvocato Stefano Santoro (nella foto), che difende l'imputata e che - sin dal primo giudizio - ha sempre sostenuto che l'intestazione del contratto di fornitura, da solo, non basta a dimostrare la colpevolezza - al di là di ogni ragionevole dubbio - in caso di furti di corrente.

"Ha rubato la corrente per tre anni: condannata a 6 mesi"

Stefano Santoro-2La vicenda giudiziaria nasce l'8 luglio del 2011, quando in seguito ai controlli nella villetta bifamiliare di San Martino delle Scale di proprietà dell'imputata, si scopre che il contatore era stato manomesso. M. V. da diversi mesi non abita più lì dopo la separazione dal marito. L'uomo invece vive nella villetta e avrebbe anche ospitato una famiglia con difficoltà economiche. Dopo gli accertamenti, però, a finire sotto inchiesta era stata proprio la donna, in quanto intestataria del contatore, e successivamente era stata anche costretta a pagare un conto di 900 euro all'Enel.

Il decreto di citazione a giudizio era arrivato ben 5 anni dopo, nel 2016, e poi, quando il processo davanti al tribunale monocratico era iniziato, nel 2018, per un errore ne era arrivato addirittura un secondo. I due procedimenti - trattando esattamente gli stessi fatti - erano stati riuniti.

La difesa avesse portato dei testimoni per dimostrare che l'imputata non viveva più in quella casa e che l'unica cosa le si poteva adebitare era la titolarità del contratto di fornitura di energia elettrica, il giudice della quarta sezione del tribunale monocratico, Grazia Carollo, alla fine aveva deciso comunque di condannare a 6 mesi la donna. Adesso, a ben 11 anni dai fatti, in appello è arrivata invece l'assoluzione piena.

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