rotate-mobile
Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Addaura

"Irregolarità e scempio ambientale al Cala Levante", due imputati assolti e altri quattro prescritti

La vicenda risale al 2016, quando il noto club dell'Addaura (ormai chiuso) finì pure sotto sequestro. Alla sbarra dirigenti di Regione e Comune, nonché i gestori del locale, accusati di abuso d'ufficio e di deturpazione e distruzione di bellezze naturali: sarebbero state realizzate una serie di opere senza autorizzazioni e in violazione delle norme paesaggistiche

Uno scempio ambientale, quello perpetrato - secondo la Procura - dal "Cala Levante, uno dei più noti club della città ormai chiuso da tempo, che il 9 novembre del 2016 era per questo finito anche sotto sequestro in relazione ad un'inchiesta per abuso d'ufficio e deturpazione e distruzione di bellezze naturali. Oggi il processo a carico di 6 imputati si è concluso con due assoluzioni nel merito e 4 prescrizioni.

Nello specifico, la terza sezione del tribunale, presieduta da Fabrizio La Cascia, ha scagionato Andrea Schirò, allora dirigente dello Sportello unico per le attività produttive e Rup, difeso dagli avvocati Claudio Gallina Montana e Vito Agosta, e Giovanni Arnone, all'epoca dirigente generale del Dipartimento regionale dell'Ambiente, assistito dall'avvocato Ottaviano Pavone. Entrambi, convinti della loro estraneità ai fatti, avevano infatti deciso di rinunciare alla prescrizione.

 Per gli altri imputati, invece, è scattata proprio la prescrizione. Si tratta di Lucietta Accordino, ai tempi dirigente comunale dell'Urbanistica, Salvatore Grassedonio, anche lui Rup, Luca Insalaco, figlio di Giuseppe, il sindaco ucciso dalla mafia, nonché dipendente dell'assessorato regionale al Territorio e legale rappresentante dell'associazione "Okeanos", e Marco Misseri, amministratore unico di "Punta Levante srl".

Per l'accusa il "Cala Levante" avrebbe "stravolto la naturalità del luogo, senza neppure mantenere le caratteristiche originarie della scogliera" dell'Addaura, con delle strutture che avrebbero "coperto quasi a tappeto l'area". L'inchiesta era partita nel 2016 dopo diversi esposti presentati dai residenti, assistiti dall'avvocato Carlo Pezzino Rao. E per la struttura erano scattati anche i sigilli.

In base al sopralluogo eseguito dalla Soprintendenza ai beni culturali e dal personale tecnico della Procura sarebbero emerse diverse irregolarità: le pedane in legno avrebbero occupato uno spazio maggiore del consentito, la cordonata d'accesso sarebbe stata allargata e rivestita di legno e sarebbero pure stati abbattuti diversi alberi. L'area poi non sarebbe stata decementificata, come prescritto proprio dalla Soprintendenza, ma sarebbero stati invece realizzati - senza autorizzazioni - nuovi impianti idrici, elettrici e fognari, utili ad una cucina destinata alla ristorazione, mentre le concessioni avrebbero previsto solo la rivendita di cibi già pronti e confezionati.

Gli imputati erano stati rinviati a giudizio a maggio del 2019 dal gup, che contestualmente aveva assolto Paolo Bohuslav Basile (ai tempi dirigente del Suap), che aveva scelto l'abbreviato. Come hanno stabilito adesso i giudici è passato troppo tempo dalla commissione dei reati per i gestori della struttura (Insalaco e Misseri) e i dipendenti pubblici che li avrebbero favoriti. Ma il tribunale ha voluto invece entrare nel merito per gli altri due imputati (Schirò e Arnone), stabilendo che non avrebbero commesso alcuna irregolarità.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

"Irregolarità e scempio ambientale al Cala Levante", due imputati assolti e altri quattro prescritti

PalermoToday è in caricamento