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Cronaca

Strage di via D'Amelio, Di Matteo: "Riaprire le indagini sui mandanti esterni"

Il 19 luglio ricorrerà il venticinquesimo anniversario. Le commemorazioni in ricordo del giudice Borsellino e degli agenti della scorta sono già iniziate: il pm del processo sulla trattativa ha partecipato al convegno 'In che Stato è la mafia?' alla Facoltà di Giurisprudenza

Un corteo ieri sera ha sfilato da via della Vetriera alla Facoltà di Giurisprudenza dove si è tenuto il convegno promosso da AntimafiaDuemila 'In che Stato è la mafia?'. Sono iniziate così, le commemorazioni in occasione del venticinquesimo anniversario della strage di via D'Amelio, avvenuta il 19 luglio del 1992, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina ed Emanuela Loi. 

Il primo di una serie di appuntamenti è stato l'occasione per il pm del processo trattativa Stato-mafia Nino Di Matteo per chiedere la riapertura delle indagini sui mandanti esterni alle stragi. "Non sono d'accordo - ha spiegato il magistrato, recentemente alla Direzione nazionale antimafia - con chi sostiene che non si sappia nulla della strage di via d'Amelio: una ventina le condanne per strage che in Italia non è un risultato da poco". Ma allo stesso tempo, ha ammonito Di Matteo: "Chi conosce quegli atti sa che quelle sentenze devono, o dovrebbero, costituire un punto di partenza per rilanciare le sempre più evidenti responsabilità di ambienti e uomini estranei a Cosa nostra. Invece, di fronte alle intercettazioni in carcere del boss Giuseppe Graviano c'è stata una minimizzazione pregiudiziale".

Tutti gli eventi in ricordo della strage di via D'Amelio

Secondo il pm "per non tradire e calpestare la memoria di Borsellino abbiamo davanti una sola strada, dura e tortuosa: pretendere il massimo sforzo da parte delle inchieste, in particolare dalla Procura nazionale antimafia e dalle Direzioni distrettuali di Caltanissetta, Firenze e Palermo ma anche pretendere e valutare l'opportunità di un'inchiesta politica da parte della Commissione parlamentare antimafia e la massima attenzione dell'opinione pubblica". 

A chiudere l'incontro con un'agenda rossa in mano Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, che ha letto la postfazione che ha scritto per il libro “Quel terribile '92” di Aaron Pettinari: “Venticinque anni e non puoi più dimenticare. Perché tuo fratello è andato in guerra ma ad ucciderlo non è stato il fuoco del nemico che era andato a combattere, ma il fuoco di chi stava alle sue spalle, di chi avrebbe dovuto proteggerlo, di chi avrebbe dovuto combattere insieme a lui. Venticinque anni e non c’è tempo per piangere. Non è tempo di lacrime perché è solo tempo di combattere per la verità e per la giustizia, per quella giustizia che viene invece irrisa, vilipesa, calpestata da un depistaggio durato per l’arco di ben tre processi. Un depistaggio ordito da pezzi deviati dello Stato ma avallato da magistrati che avrebbero dovuto rigettarlo, tanto era inverosimile che potesse essere stato affidato ad un balordo di quartiere il compito di uccidere Paolo Borsellino. E poi un quarto processo nel quale si pretendeva di processarne la vittima accusandolo delle calunnie a cui era stato costretto con torture di ogni tipo da pezzi di uno stato deviato che, per occultare la Verità, nasconde nelle sue casseforti un’Agenda Rossa, sottratta dalla macchina di Paolo ancora in fiamme”.

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