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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Sette colpi in pochi mesi, rapinatore incastrato dalle orecchie a sventola e condannato a 5 anni

Diventa definitiva la sentenza per un giovane, soprannominato "Shrek" per i suoi particolari tratti somatici. Per svaligiare negozi e farmacie aveva utilizzato una maschera raffigurante un teschio e sulla quale erano state poi trovate le sue tracce biologiche

Incastrato dalle orecchie a sventola e dallo strano travestimento - una maschera di Carnevale rappresentante un teschio - utilizzato per commettere in pochi mesi almeno 7 rapine, a negozi e farmacie. Luigi Daguanno, 29 anni, che per la particolare forma delle sue orecchie è stato soprannominato "Shrek", dovrà scontare 5 anni e 4 mesi per la serie di colpi messi a segno negli anni scorsi. 

La condanna, inflitta in appello a luglio del 2020, a conferma della sentenza del tribunale emessa a marzo 2018, è infatti diventata definitiva, dopo che la seconda sezione della Cassazione, presieduta da Giovanni Diotallevi, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'imputato.

Dopo una delle rapine, avvenuta a settembre del 2013, Daguanno era stato notato e seguito da un poliziotto libero dal servizio, che l'aveva visto sbarazzarsi (assieme ad un complice) della strana maschera utilizzata per il colpo, gettandola in un cassonetto. Su una parte dell'oggetto, all'altezza del mento, erano state ritrovate tracce biologiche compatibili con quelle dell'imputato. Una ricostruzione che la difesa ha contestato, ma senza successo.

Daguanno, arrestato poco dopo quella rapina, aveva in prima battuta confessato, ma poi aveva ritrattato tutto. Un comportamento che il suo avvocato ha ricondotto ad un deficit cognitivo, che lo renderebbe inattendibile. Anche in questo caso, però, secondo i giudici le argomentazioni difensive non colgono nel segno, in quanto contro "Shrek" c'erano sia le immagini delle telecamere di sorveglianza dei negozi rapinati e poi proprio il particolare delle orecchie "abbastanza pronunciate", come le hanno definite alcuni investigatori a cui l'imputato era già noto.

Per questo la Suprema Corte ha confermato le sentenze precedenti e ha anche condannato Daguanno a versare 3 mila euro alla Cassa delle ammende.

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