Ospedale Giglio, padre di una paziente si sfoga: "Reparto lungodegenza non attrezzato"
Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera di un lettore e la replica dell'ospedale:
"Vi scrivo perché ritengo giusto denunciare l'inefficienza totale del reparto Riabilitazione lungodegenza di Cefalù presso l’ospedale che fa capo alla fondazione San Raffaele Giglio. Mia figlia, il 20 febbraio 2019 è stata colta da aneurisma che ha causato sanguinamento nella zona del mesencefalo, sotto la calotta cranica. Devo dire, per farla breve che mi era stata data per morta ma che l’intervento magistrale del professore Concetto Cristaudo di Catania, venuto apposta a Palermo, le ha salvato la vita. Dopo l’intervento, trascorso il normale periodo di osservazione, è stata trasferita dall’ospedale Villa Sofia di Palermo, presso questa specie di reparto a Cefalù. Dico specie di reparto, non criticando il personale infermieristico che cerca di fare del proprio meglio, ma il reparto non ha gli strumenti necessari e non ha personale a sufficienza per fare fronte alle esigenze degli ammalati del reparto. Devo anche dire che, se dopo circa venti giorni, non avessi deciso di trasferire mia figlia in aereo ed in barella, sobbarcandomi una tonnellata di spese per il trasporto e la permanenza a Vicenza, sarebbe ancora in uno stato pressoché vegetativo, difatti non parlava, non camminava e non mangiava se non attraverso un tubicino che scendeva dal naso e non tentavano neanche di iniziare il cosiddetto svezzamento, malgrado gli avessimo comunicato che mia figlia, già a Villa Sofia, aveva cominciato a mangiare dalla bocca".
"Giulia, si trova da allora presso l’ospedale San Bortolo di Vicenza ed abbiamo saputo, qui a Vicenza, che in quella prima fase è stato un errore alimentarla per bocca, ma che al Giglio, a questo punto avevano il dovere di continuare. La mia decisione di trasferire mia figlia a Vicenza è scaturita dalla constatazione che alcune ragazze erano lì al Giglio da diversi anni ed ancora non mangiano, non camminano e non parlano a tutt'oggi. Oggi mia figlia mangia tutto, parla ed ha cominciato a muovere i primi passi. In ultimo io ed altri abbiamo intenzione di denunciare quanti, incompetenti, al Giglio di Cefalù, causano danni permanenti a persone e ragazzi che, invece possono recuperare ed avere ancora un futuro. Difatti, ho incontrato persone che provengono dallo stesso ospedale di Cefalù e qui a Vicenza hanno riavuto la loro vita".
La replica
"Ci spiace apprendere dalla lettura di questa lettera l’amaro sfogo di un genitore che aveva riposto in noi la sua fiducia. Uno sfogo che non condividiamo nei toni, nelle espressioni e che offende i tanti operatori e professionisti che con grande abnegazione e sacrificio si impegnano nel salvare e migliorare la qualità della vita dei propri pazienti. La riabilitazione e lungodegenza della Fondazione Giglio segue ogni giorno 60 pazienti, degenti, affetti da diverse disabilità. Non raccontiamo qui i tanti successi di cui siamo orgogliosi tenendo sempre a mente i limiti che la scienza e la medicina incontrano, ancora oggi, nella cura di tutte le patologie. Nel caso che cita il genitore eravamo certi del recupero funzionale che la paziente avrebbe avuto. Le gravi disabilità neuromotorie con cui è giunta, ma in assenza di disturbo di coscienza (quindi non in stato vegetativo), sarebbero state superate anche a Cefalù".
"La terapia sarebbe stata lunga e non si poteva certamente concludere nelle sole tre settimane di permanenza al Giglio. Il padre, infatti, ne parla solo oggi dopo 5 mesi di ricovero in altra sede. Non ci sono pazienti - desideriamo sottolineare - che restano qui, in lungodegenza, per i lunghi periodi citati se non nei casi, fortunatamente rari, di soggetti affetti da gravi disordini di coscienza. Pazienti la cui sede naturale sarebbero le Suap (Speciali unità di accoglienza permanente) ancora poco presenti nel territorio. Ci permettiamo di evidenziare che il percorso riabilitativo è lungo e presenta spesso difficoltà. Occorre saper attendere e avere pazienza ma soprattutto avere fiducia nell’equipe che si prende in cura il proprio caro. Ci spiace, ribadiamo, leggere questo sfogo di un genitore ma ne condividiamo la gioia nell’apprendere del recupero della paziente".