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Cronaca

Trattativa Stato-mafia, un anonimo: “I pm di Palermo sono spiati”

Una lettera inviata al pm Nino Di Matteo. Nella missiva si fa riferimento ad una vera e propria opera di spionaggio compiuta nei confronti dei magistrati che indagano. E il tutto sarebbe registrato in una "centrale" romana

La storia infinita della trattativa Stato-mafia si arricchisce di un nuovo elemento. Questa volta si tratta di una lettera anonima, un "esposto", come la definisce il suo autore, inviata lo scorso 18 settembre al pm di Palermo Nino Di Matteo. Nella missiva, lunga 12 pagine e in cui è impresso lo stemma della Repubblica Italiana, l'anonimo fa riferimento ad una vera e propria opera di spionaggio compiuta nei confronti dei magistrati che indagano sui legami tra crimine organizzato e certi apparati dello Stato nel biennio '92-'93. Dati che sarebbero registrati in una "centrale" romana.

L'agenda rossa di Paolo Borsellino sarebbe stata rubata da un carabiniere. Spie sono in azione nella procura di Palermo. Questi i nomi di chi sa della trattativa. C'e' anche questo - scrive oggi Repubblica - nello scritto anonimo inviato a uno dei magistrati che ha indagato sulla presunta trattativa Stato-mafia e che è sotto ''analisi'' da parte degli investigatori e dei magistrati.

Gli inquirenti finora hanno parlato più che di un ritorno della stagione dei veleni, del gesto di una persona, probabilmente un investigatore, deluso dall'archiviazione di un'inchiesta nata da una sua denuncia. Nell'anonimo vi sarebbe una cronistoria di avvenimenti mafiosi dall'omicidio del segretario del Pci siciliano Pio la Torre alla mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nel '95.

L'anonimo avverte i magistrati che ''uomini delle istituzioni'' li stanno sorvegliando, riversando a ''una centrale romana'' le informazioni che acquisiscono. E poi fa nomi di politici che potrebbero avere notizie sulla presunta trattativa. Nelle pagine dell'anonimo si fa riferimento anche al'agenda rossa di Paolo Borsellino che sarebbe stata presa da “un carabiniere”.

Per quella sparizione era stato indagato e poi prosciolto il colonnello dell'Arma Giovanni Arcangioli, fotografato e filmato in via D'Amelio, dopo la strage che uccise il procuratore aggiunto di Palermo, con la borsa di Borsellino in mano. Lui disse che nella borsa l'agenda non c'era.

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