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Mafia Brancaccio

Natale Bruno, anatomia del nuovo capomafia cresciuto all'ombra dei Graviano

Non tralasciava nulla: dallo spaccio alle estorsioni, fino a mediare con il mandamento di Bagheria per conto dei commercianti. Ma su certe cose non si scherzava: sostentamento alle famiglie degli uomini d'onore e niente adulterio, ma date le circostanze anche lui c'era "cascato"

Un capomafia d'altri tempi, discepolo dei Graviano, baluardo della vecchia guardia degli "uomini d'onore". Questo il profilo di Natale Bruno, classe 1967, capo della cosca di Brancaccio e finito in manette, insieme ad altre 17 persone (NOMI), al termine dell'operazione condotta dalla Squadra mobile di Palermo e denominata "Zefiro". Aveva la sua base in un magazzino di via Gaetano Di Pasquale, dove custodiva chili e chili di stupefacenti da fare smerciare nelle piazze della città, dove riceveva i commercianti che autonomamente si "mettevano in regola" con il pagamento del pizzo.

DROGA A PALATE - Proprio quel magazzino era il centro dell'attività del mandamento di Brancaccio, capeggiata da Natale Bruno. Lì venivano suddivise le panette di stupefacenti che sarebbero arrivate in strada, divise in dosi pronte per la vendita al dettaglio. Sono numerosi gli episodi intercettati dalle forze dell'ordine, tramite microspie e cimici (LE INTERCETTAZIONI - VIDEO), durante i quali era lo stesso Natale Bruno a gestire il business. Insieme a Pietro La Vardera preparavano gli involucri di cellophane. "Uno, due, tre, quattro - conta Natale Bruno con La Vardera - cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici dodici, tredici, quattordici ...diciassette ...qua, a pagare lui... Ora si contano queste cose ...mettile tutte in una busta ...sto andando a Palermo ...una busta nella Smart...impostiamo tutte cose qua!". Nella maggior parte dei casi, lo stupefacente finiva nelle mani degli spacciatori, tra i quali Mario Iannitello. Ma a volte le cose andavano male. "Hanno fatto bingo", diceva Natale Bruno alla moglie riferendosi alle forze dell'ordine che avevano trovato della droga in un vano gabinetto del magazzino. A confermare il suo ruolo anche il pentito Antonino Zarcone, della famiglia di Bagheria, il quale ha raccontato ai pm di come si dedicasse ai pestaggi per conto dei vertici mafiosi, gestendo parallelamente il giro di droga e le rapine con il fratello. Ma l'altra grossa entrata riguardava proprio l'attività estorsiva.

CI PENSA LA MAFIA - Oltre che occuparsi delle estorsioni "classiche", quelle che riuscivano senza grossi sforzi a fornire liquidità all'organizzazione mafiosa, ai danni di salumerie, panifici e negozi di detersivi, Natale Bruno si esponeva per mediare alle richieste della "famiglia" di Bagheria. Un commerciante, dopo essersi visto chiudere i lucchetti dell'attività con dell'attak, tramite l'amicizia comune di Giulio Matranga aveva raggiunto il boss di Brancaccio. Quest'ultimo, il giorno successivo, riferì al commerciante di essere andato nel comune alle porte di Palermo per risolvere la questione. "E allora...io ieri come promesso...ti sono andato a sistemare la cosa!…era dispiaciuto...che è successa questa cosa...Vero è Giuseppe... me lo ha detto non è che...Dico non stanno chiedendo la luna, al vostro buon cuore".

Una volta chiusa la questione, il commerciante si era mostrato piuttosto grato nei confronti del mafioso (Natale Bruno: "Dico, rimani contento oppure.."; commerciante. "Si contentissimo"; Natale Bruno: "Dico se c'è difficoltà parliamo, è giusto?; commerciante: "Difficoltà non ce ne sono, nelle nostre possibilità ti ripeto"; Natale Bruno: "Un piccolo aiutino per gli amici nostri, attenzione!"). I soldi incassati servivano a contribuire al sostentamento delle famiglie degli uomini d'onore, circostanza alla quale teneva molto il boss di Brancaccio. Dietro a quella figura rude, quella d'un mafioso "d'altri tempi", c'era anche un uomo dall'animo sensibile, attento a non calpestare certi valori, come quello che non vede di buon occhio l'adulterio. Significativa in tal senso l'intercettazione captata in un'auto di Francesco Paolo Valdese. I due parlano di vicende amorose e legami extraconiugali. "Ora tutto è lecito - diceva Bruno Natale - ora…ma prima non si poteva fare! Perché ora…la cosa è perché è cambiata? Perché il boss era…latitante…e non poteva vedere la moglie. Giusto. E così è nata questa cosa…". Ma i tempi, come lo stesso Bruno ammetteva, erano cambiati. Mentre prima la "famiglia" ti "posava" per errori del genere, ora qualche scappatella si poteva accettare. E lo diceva proprio perché nel 2012, pur non approvandolo, lui stesso si era lasciato andare ad una relazione sentimentale che anni addietro non sarebbe stata consentita.

COPERTURA AI NAPOLETANI - "Non si muove foglia nell'ambito delle attività criminose a Palermo senza che non vi sia l'avallo e la gestione da parte di Cosa nostra". Così ha commentato il procuratore di Palermo Leonardo Agueci il controllo esercitato dalla mafia sul territorio. Il riferimento va ad alcune rapine commesse in città da quattro criminali napoletani. Quattro trasferisti legati alla Camorra e venuti a ripulire alcune agenzie della Bnl, della Banca di credito cooperativo di San Cataldo "G. Toniolo" ed altre due dell'Unicredit. La banda, con il benestare della mafia locale, posizionava uno strano congegno che permetteva di "intercettare" i depositi nella cassa continua fatti degli imprenditori. Colpi facili e indolore che potevano fruttare migliaia e migliaia di euro. Nella maggior parte dei casi filava tutto liscio, ma non era sempre così. "Francesco - diceva il napoletano Vincenzo Montescuro - sono rimasto male per quella banca!... mi devi credere! Tu hai capito che era continua... là chiunque buttava dentro…ma come se ne sono accorti ? Come se n' è accorto? lo perché voglio stare sempre vicino…quando stai vicino quello che muove tu lo sai hai capito?".

LO STRAGISTA E IL NEOMEOLODICO - Facevano parte della banda altri due soggetti, diversi tra loro ma accomunati dallo stesso destino criminale. E' il caso di Filiberto Palermo, in arte Gianni Clemente, capace di fare impazzire le piazze popolari con le sue canzoni napoletane e, parallelamente, di innaffiare di droga il quartiere di Brancaccio (e non solo). L'altro personaggio coinvolto nell'operazione e finito in manette è Maurizio Costa. Era stato coinvolto nelle indagini sulla strage di via D'Amelio, me allora gli inquirenti non erano riusciti ad accertare il suo legame con la mafia. "Dalla sua officina - ha spiegato Leonardo Agueci - transitò la 126 usata nell'attentato. Oggi abbiamo la conferma del suo ruolo organico dentro Cosa nostra". Di lui si ricorda il pentito Zarcone: "Giravano con a Piero Asaro e Bruno Natale, la triade erano loro, che si occupavano di estorsioni e stupefacenti".

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