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Cronaca

L'incubo di una palermitana: "Mio marito non è un terrorista, ci stanno distruggendo"

A PalermoToday lo sfogo di Beatrice, la moglie di Atef Mathlouthi, il tunisino ricercato per una segnalazione su possibili attentati a Roma: "La sua foto è finita sulle prime pagine di tutti i giornali, ma è solo una stupida vendetta. Un suo collega gliel'ha fatta pagare per un contenzioso economico"

"Mio marito non è un terrorista, sono stravolta. Questa storia ci sta rovinando, non ce la faccio più". A parlare - a PalermoToday - è Beatrice Behia Bendaoui, palermitana, 30 anni. Da un paio di giorni la sua vita è cambiata. Sì, perché la foto del marito, Atef Mathlouthi, il tunisino ricercato da ieri per una segnalazione su possibili attentati a Roma, è finita sulle prime pagine di tutti i giornali e di tutti i tg nazionali. Sulle sue tracce sono piombate le forze dell'ordine, allertate da una denuncia anonima. Sullo sfondo l'allerta terrorismo. "Tutto è nato da una lettera all'ambasciata - spiega Beatrice, contattata telefonicamente -. Questa denuncia l'ha scritta la moglie di un suo collega di lavoro con cui mio marito ha avuto un contenzioso economico. E' solo una questione di soldi. Si tratta di 'cose tra maschi' e per vendetta hanno messo in mezzo Atef per fargliela pagare nel peggiore dei modi, facendolo passare per terrorista".

Allerta terrorismo: caccia al tunisino più ricercato d'Italia

Mathlouthi, tunisino di 41 anni, più volte arrestato dalla polizia per spaccio di droga a Palermo, ha messo le radici nel capoluogo siciliano sin da quando era bambino. E' qui che ha conosciuto la moglie. La coppia ha quattro figli. Lei è rimasta a Palermo, lui però vive a Tunisi. "Lavora in un bar a Mahdia, in Tunisia, per mantenere la nostra famiglia, anche perché qua non può mettere piede", dice la moglie. In poche ore Mathlouthi è diventato l’uomo più ricercato d’Italia. Da sabato sera, per l'esattezza. La sua foto è stata diramata a tutti gli uffici delle forze dell’ordine sul territorio nazionale. L’ordine è stato quello di "intervenire, rispettando scrupolosamente le procedure operative". Quindi, in caso di controllo, pronti anche a usare le armi. Ma il presunto terrorista si è rivelato non essere tale. La trasmissione "Chi L'ha visto?" ha rintracciato Atef Mathlouthi in Tunisia: "Non sono un terrorista - ha detto - non sono latitante, la polizia tunisina mi ha interrogato tutto il giorno. Denuncio tutti".

Poi a PalermoToday Antonino Cacioppo, l'avvocato del 41enne, rivela: "E' stato fermato e rilasciato poco dopo". Insomma sarebbe tutto un grande equivoco. "Forse la missiva è una ritorsione per un mancato pagamento. Il condizionale è d'obbligo perché nulla è certo al momento - ha aggiunto il legale 35enne iscritto al Foro di Palermo - ma tutto ci fa pensare a questo. Di sicuro posso dire che Atef dal 2012 non è più uscito dalla Tunisia, ogni giorno parla al telefono con la famiglia. E' un uomo diverso rispetto a quando faceva lo spacciatore e chiamarlo latitante non è corretto. Di certo c'è che questa storia ha catapultato una famiglia in dinamiche terroristiche di cui non fanno assolutamente parte della loro vita e cultura". Ed allora come si difenderà Atef Mathlouthi? "Prima di tutto fermeremo questa emorragia raccontando i fatti, veri. Una volta analizzate le carte presenteremo una denuncia querela prima contro ignoti, poi vedremo. Di certo c'è l'enorme danno di immagine. Qualcuno dovrà rispondere di quella lettera, anonima, ma infondata". 

E Beatrice, padre tunisino e madre palermitana (è nata e ha sempre vissuto a Palermo) racconta: "Ieri mattina è venuta la polizia a casa mia, nella zona della stazione centrale, cercavano mio marito: ho detto che mio marito da sei anni non è più qui a Palermo perché il suo permesso di soggiorno è scaduto. E loro lo sapevano bene. Da quando è scaduto il permesso di soggiorno non riesce a vedere i nostri quattro bambini. Mi hanno detto di portare mio marito a Roma per fare dei controlli ma mi sono opposta e ho dato alla polizia il suo telefono e il suo indirizzo in Tunisia. Perfino i suoi estremi su Facebook. Poi hanno capito che si sono sbagliati".

Nel frattempo la foto segnaletica Mathlouthi è finita sui cruscotti delle autopattuglie di carabinieri e polizia, memorizzata negli smartphone degli investigatori di tutta Italia. "Tutta colpa di questa ragazza che ha fatto il nome di mio marito. Adesso mi sono venute in mente quelle telefonate anonime ricevute mentre ero a Tunisi, che ho registrato, in cui una ragazza mi minacciava e mi ripeteva: 'Tu sei la moglie di Atef? Te la farò pagare. A te e tuo marito, vi consumerò e vi farò vedere che cosa sono capace di fare'".

E nel pomeriggio anche una nota del ministero dell'Interno di Tunisi chiarisce: "Atef Mathlouthi, 41 anni, al centro nei giorni scorsi di un allarme terrorismo -poi rientrato, si in Tunisia, a Mahdia dal 2012, e non ha alcun legame con il terrorismo". 

Beatrice e Atef si sono conosciuti a Palermo all'inizio degli anni Duemila. Insieme hanno creato una famiglia: quattro figli, il più grande ha 12 anni, il più piccolo uno. "Lui vorrebbe rientrare a Palermo, ma non glielo permettono. Qua ha piccoli precedenti per droga ma è roba di 10-15 anni fa. Separati cosí viviamo malissimo - ha continuato la moglie - io e i bambini vogliamo che lui rientri. Uno dei nostri figli, dopo le notizie di ieri, non mangia, si è spaventato molto e si è rifiutato di andare a scuola. Io - ha concluso Beatrice - vado e torno da Tunisi molto spesso, fino a due settimane fa sono andata a trovarlo. Adesso non sto capendo più nulla. Qua a Palermo lo conoscono in tanti e nessuno può credere a quello che si dice di lui. Mi sembra un incubo. Ci stanno rovinando la vita".

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