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Cronaca

Maurizio Costanzo: "Il giorno più brutto della mia vita? Quando la mafia mi dedicò 70 chili di tritolo"

Il noto giornalista e conduttore televisivo ricorda l'attentato subìto a Roma nel 1993: "Stavo tornando a casa ed ero in macchina con Maria. A quei tempi arrivavano lettere con la mia testa in un vassoio, le mandavo alla Digos"

"Qual è stato il giorno più bello, e quello più brutto, della sua vita?". "Il più brutto il 14 maggio 1993, quando la mafia mi dedicò 70 chili di tritolo mentre tornavo a casa in macchina con Maria. Il più bello è stato accorgerci che eravamo vivi". A parlare è Maurizio Costanzo nel corso di un'intervista a cuore aperto concessa al Corriere della Sera. Costanzo - che da poco ha compiuto 80 anni - ricorda l'attentato romano di via Fauro.

Il noto giornalista all'inizio degli anni Novanta si era impegnato nella lotta alla mafia. In seguito all'omicidio di Libero Grassi, appena un mese dopo - insieme a Michele Santoro - realizzò una maratona Rai-Fininvest contro la mafia. Memorabile rimase la scena in cui Costanzo bruciò in diretta una maglietta con scritto "Mafia made in Italy". Proprio questo suo impegno sembra essere la causa, il 14 maggio 1993, di un attentato. Una Fiat Uno imbottita di novanta chilogrammi di tritolo esplose in via Ruggero Fauro (vicino al Teatro Parioli). "Perché la mafia scelse proprio me? Io faccio il giornalista - ammette ora - avevo molto parlato di mafia al Maurizio Costanzo Show e la mafia si è difesa. Arrivavano lettere con la mia testa in un vassoio, le mandavo alla Digos".

Al momento dell'esplosione erano in transito due autovetture: una Mercedes blu presa a nolo la mattina dell'attentato condotta da Stefano Degni e dove sedevano Maurizio Costanzo (di ritorno dalle registrazioni del Maurizio Costanzo Show) e la sua compagna Maria De Filippi e, a brevissima distanza, una Lancia Thema con a bordo le guardie del corpo Fabio De Palo (rimasto lievemente ferito) e Aldo Re (che subì lesioni legate allo shock). Fortunatamente non ci furono vittime, e gli occupanti della Mercedes rimasero illesi per un ritardo nello scoppio causato dal telecomando e per un muretto di una scuola che fece da protezione all'automobile blindata di Costanzo.

Le indagini successive e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia accertarono che gli autori dell'attentato erano alcuni mafiosi di Brancaccio e che Costanzo era uno dei principali obiettivi da eliminare per Cosa Nostra a causa delle sue trasmissioni. Dal momento dell'attentato Maurizio Costanzo vive sottoposto a un protocollo di protezione. "Sono ancora oggi sotto scorta - dice Costanzo - ora mi seguono due persone, prima quattro. Sono diventati dei parenti, per me. Il ministro dell’Interno Salvini ha lanciato un piano taglia scorte? Il mio nome, in campagna elettorale, non è mai stato fatto. Penso che ogni persona con la scorta sia diversa. Sono l’unico tra tutti i minacciati che ce l’ha fatta a sopravvivere".

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