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Lunedì, 29 Aprile 2024
Vittime di mafia

Ievolella ucciso 41 anni fa, Palermo ricorda il "segugio temuto dai boss"

Fiori e momento di raccoglimento in piazza Principe di Camporeale sul luogo dell'omicidio del maresciallo dell'Arma. Consegnata alla figlia la tessera di socia onoraria dell'associazione nazionale carabinieri

Palermo ricorda il maresciallo dei carabinieri Vito Ievolella ucciso dalla mafia 41 anni fa in piazza Principe Camporeale. 

Alle 9.30, sul luogo dell'omicidio è stata deposta una corona d’alloro sulla lapide dedicata al  militare, alla presenza della figlia della vittima, la docente Lucia Assunta Ievolella, del generale di brigata Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo e delle più alte autorità civili e militari locali, insieme a una rappresentanza di presidi e alunni di istituti scolastici palermitani e dell’Associazione nazionale carabinieri.

Alla commemorazione ha preso parte anche il sindaco Roberto Lagalla: "Di Vito Ievolella, instancabile servitore dello Stato, ricordiamo il coraggio e l’impegno grazie al quale riuscì a far luce negli affari delle cosche di Cosa nostra più forti dell'epoca. Attraverso lui rendiamo omaggio al lavoro che ogni giorno svolgono donne e uomini dell’Arma dei Carabinieri che, con instancabile spirito di servizio, garantiscono la sicurezza di tutti noi", ha dichiarato.

Successivamente, presso la locale sezione Anc di Palermo, Ignazio Buzzi, ispettore regionale per la Sicilia, ha consegnato, come deliberato dalla presidenza nazionale dell’Associazione nazionale carabinieri, la tessera sociale, quale socia d’onore e il relativo diploma alla figlia di Ievolella.

Chi era Vito Ievolella

Il maresciallo maggiore Vito Ievolella nacque a Benevento il 4 dicembre 1929. Si arruolò nell’Arma come carabiniere nel 1948. Nel biennio 1958-1959 frequentò il corso Allievi Sottufficiali della Scuola di Firenze, al cui termine venne assegnato alla Legione di Palermo, prestando servizio nel capoluogo presso le stazioni urbane “Centro”, “Duomo” e “Falde”, la cui caserma è oggi intitolata alla sua memoria. Nel 1965, venne trasferito al Nucleo operativo del gruppo di Palermo dove svolse complesse indagini, rese ancora più ardue dalle condizioni ambientali caratterizzate da tradizionale omertà.

Il 10 settembre 1981, Ievolella, a bordo della propria autovettura Fiat 128 con la moglie Iolanda, nell’attesa della figlia Lucia, impegnata in una lezione di scuola guida, venne freddato da sicari di Cosa Nostra in piazza Principe di Camporeale, a Palermo.

All’agguato parteciparono quattro killer, armati di pistole calibro 7,65 e fucili caricati a pallettoni, che, appena scesi da una Fiat Ritmo rubata, fecero fuoco in direzione del maresciallo. La moglie riportò una leggera ferita alla regione sopraccigliare destra. Il mezzo usato dai killer fu dato alle fiamme e poi abbandonato in via Caruso, dove fu ritrovato dai carabinieri. Fu chiaro immediatamente che l’assassinio di Ievolella era da inquadrare in un programma mafioso teso all’eliminazione di quanti si opponessero all’espansione degli interessi criminali.

 Ievolella era molto noto negli ambienti investigativi dell’Arma e tra i magistrati per le sue capacità professionali, per l’impegno investigativo e per la determinazione nel fare luce, tanto sul delitto comune, quanto su quello mafioso. Il valore e l’impegno nell’attività investigativa, gli erano valsi sette encomi solenni e quattordici lettere di apprezzamento del comandante henerale dell’Arma. Da parte della stampa, aveva ricevuto appellativi come “segugio temuto dai boss” e “specialista in casi difficili”.

Al maresciallo Ievolella, il Capo dello Stato ha concesso la Medaglia d’Oro al Valore Civile con la seguente motivazione: "Addetto a Nucleo Operativo di Gruppo, pur consapevole dei rischi a cui si esponeva, si impegnava con infaticabile slancio ed assoluta dedizione al dovere in prolungate e difficili indagini – rese ancora più ardue dall’ambiente caratterizzato da tradizionale omertà - che portavano all’arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile agguato tesogli da quattro malfattori, immolava la vita ai più nobili ideali di giustizia e di grande eroismo".

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