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Sabato, 27 Aprile 2024
Mafia Bagheria

Mafia, pizzo e intimidazioni col fuoco: due arresti a Bagheria

Le manette sono scattate per due giovani della cittadina alle porte di Palermo. Sono Gianluca Califano e Salvatore Benigno, ritenuti responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Nei due incendi da cui sono nate le indagini sono rimasti ustionati dalle "loro" fiamme

Tutto è cominciato con due intimidazioni incendiarie, dove gli stessi responsabili sono rimasti ustionati. I carabinieri di Bagheria hanno tratto in arresto alle prime ore del mattino due persone, Gianluca Califano (22 anni) e Salvatore Benigno (22), ritenute responsabili della tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti di un'azienda locale (GUARDA VIDEO). Proseguono le indagini per risalire all'identità dei presunti mandanti.

I due provvedimenti cautelari emessi dal gip del tribunale di Termini Imerese, nell'ambito dell'operazione antimafia, sono il frutto un'articolata attività investigativa svolta con l'analisi dei sistemi di videosorveglianza e dei tabulati telefonici, cui sono seguite le perquisizioni nei confronti dei soggetti responsabili. Il primo episodio estorsivo ricostruito risale all'agosto del 2014, quando una ditta di rivendita di macchine agricole si era visto incendiare la saracinesca.

Un episodio analogo, sempre all'indirizzo della stessa azienda, si era verificato circa un mese prima: due ignoti avevano provato ad appiccare le fiamme nell'esercizio commerciale. Ma durante la denuncia il titolare aveva dichiarato di non aver mai ricevuto richieste di denaro dalla malavita organizzata di Bagheria. In realtà, proseguendo con le indagini, i militari hanno ricostruito che il commerciante, giorni prima degli incendi, era stato avvicinato da una persona collegata con soggetti inseriti nella famiglia mafiosa locale.

Questa circostanza ha fatto sì che il procedimento venisse trasferito alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. "Il modus operandi adottato per appiccare gli incendi dolosi del negozio - spiegano i carabinieri - era indice di un’unica strategia, caratterizzata da ferocia ed estrema spregiudicatezza nonché da una profonda conoscenza del territorio, il cui controllo appare efficace e serrato".

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