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Domenica, 28 Aprile 2024
Giornata delle donne

"Le figlie di Saffo", l'autrice del libro che ha stregato la critica vive a Palermo: "Qui per un nuovo romanzo"

Selby Wynn Schwartz, americana, ha scritto quella che è considerata una delle migliori opere tra il 2022 e il 2023 da New York Times, Guardian e Independent, Da novembre abita vicino al mercato del Capo: "Sono qui anche per il mio impegno col movimento transfemmiinista Non una di meno"

"Da giovane ho vissuto in Italia: sono stata a Milano, a Roma, a Napoli. Adesso, avevo un anno libero per iniziare il mio prossimo progetto di scrittura e ho scelto Palermo". Così dallo scorso novembre, l'autrice di "Le figlie di Saffo", (Garzanti, pp. 264, 18 euro) che tra il 2022 e il 2023 è stato considerato uno dei migliori libri dal New York Times dal Guardian e dall'Independent, si trova nel capoluogo siciliano dove abita in una casa vicina al mercato del Capo. Da lì, l'americana Selby Wynn Schwartz, classe 1975, attivista e insegnante di scrittura all'Università di Stanford, in California, si muove ogni giorno per esplorare la città e non solo alla ricerca di nuovi spunti e ispirazioni per il suo nuovo romanzo. "Non posso anticipare nulla, dico solo che sarà ambientato nel Mezzogiorno e che in qualche modo, sì, ci sarà anche Palermo", sussura Schwartz.

La scrittrice proprio in questi giorni (oggi alla Feltrinelli di Catania e domani 6 marzo in quella di Palermo) sta presentando il libro in uscita questo mese in Italia, in giro per la Sicilia. Ma starà a Palermo sino a fine maggio per un periodo che lei stessa definisce "uno stage" durante il quale "cerco di imparare un sacco di cose che non so: sulla Magna Grecia, sulla questione meridionale, sulla storia e sulla realtà locale". Piena di curiosità e di entusiasmo davanti alla prima volta, a Selby Wynn Schwartz si illuminano gli occhi quando parla "del vostro dialetto, del vostro modo di chiamare le verdure: sparaceddi, cavuliceddi", o quando racconta di aver "scoperto solo qualche giorno fa che Palermo sotto terra è attraversata dai qanat".

Ma non c'è solo l'impegno editoriale ad averla attratta. "Sono qui - aggiunge - anche perché da tempo ero interessata al movimento transfemminista Non una di meno. Da quando sono a Palermo ho iniziato a partecipare alle assemblee e ora sono fiera di fare parte di una realtà che è una sorta di faro che illumina un percorso in cui c'è ancora molta strada da fare". Così l'attivista prenderà parte l'8 marzo allo sciopero globale femminista e transfemminista contro la violenza patriarcale. L'appuntamento è alle 17.30 in piazza Indipendenza davanti a Palazzo dei Normanni, il corteo giungerà sino a piazza Bellini.

Le figlie di Saffo

Sempre pacata, quando risponde alle domande, la scrittrice si accende quando le si chiede cosa ne pensi della recente bocciatura da parte del Consiglio comunale della mozione per l'adesione al Pride. "Mi sembra una vergogna, ogni consigliere dovrebbe essere fiero di poter sostenere questo evento. Il Pride è la possibilità per una comunità di essere se stessa, dovremmo essere onorati di questa espressione di identità plurale e invece... Nel mio libro - prosegue - uso spesso il verbo 'diventare', e mi chiedo 'come possiamo diventare noi stesse?'. Sarei molto felice se ognuno potesse avere la libertà di trovarsi davanti a questo dilemma. Ognuno deve avere il diritto di diventare quello che vuole".

La pensa così anche davanti alla questione di genere sul versante linguistico: "A tuttə voi che siete Lina Poletti", scrive Selby Wynn Schwartz nella dedica all'inizio del libro, citando la scrittrice italiana, tra le protagoniste del suo romanzo e tra le prime donne in Italia a dichiarare la propria omosessualità. In quel tuttə, l'autrice utilizza lo schwa per dare neutralità. "Perché - sostiene - dobbiamo trovare dei modi per riconoscere tutta la gamma di genere sessuale e questo è un tentativo per farlo. Perché è giusto che anche il linguaggio rispecchi la realtà".

D'altronde l'incipit dell'opera di Schwartz recita così: "La nostra prima iniziativa fu quella di cambiarci nome. Ci saremmo chiamate Saffo". Perché? "Vogliamo essere libere e indipendenti. Vogliamo avere idee e prospettive. Vogliamo essere scrittrici, attrici, o qualunque cosa scelgano i nostri sogni. Vogliamo avere speranze e infinite possibilità. Vogliamo essere e sentirci donne nel modo in cui piace a noi e a nessun altro", si legge nella scheda di presentazione del romanzo che unisce le vite di celebri donne che si sono ribellate per essere, appunto, libere.

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