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AMARCORD1983

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A cura di Alessandro Bisconti e Francesco Sicilia

I pugni, la gloria, lo schianto: 46 anni fa l'ultima curva di Nino Castellini, simbolo palermitano

Conosciutissimo in città, il pugile - olimpionico a Monaco e campione italiano nella categoria dei pesi superwelter - morì a causa di un incidente il 26 agosto 1976. Stava preparando l'assalto alla corona europea

"Nino, mi raccomando non correre". "Hai paura?". Antonio Castellini è in sella alla sua Kawasaki fiammante. Dietro di lui c'è Lisa, la fidanzata. I due urlano per farsi capire. La potente moto è lanciata nel vento. Da una parte, a sinistra, c'è la montagna. A destra c'è il mare. Sembra una tavola blu. Nino, così lo chiamano tutti, e Lisa viaggiano sull'autostrada Palermo-Mazara. Sono appena usciti dalla città, imboccano la galleria di Sferracavallo. C'è la curva. Poi lo schianto, la tragica fine, il silenzio. Sono passati 46 anni esatti da quando Nino Castellini, forse il più forte pugile palermitano di sempre, se n'è andato. 

Era la mattina di un altro 26 agosto, come oggi. Era un giovedì. Castellini aveva 25 anni. Una vita davanti, tanti sogni da realizzare e alcuni già realizzati. Il pugile palermitano - olimpionico a Monaco 1972 e campione italiano nella categoria dei pesi superwelter - rimane ucciso sul colpo. Lisa viene ricoverata in fin di vita all'ospedale Cervello. Se la caverà dopo infiniti mesi di riabilitazione.

Castellini nasce a Palermo il 10 aprile 1951 nel cuore della Noce. Con il pugilato è amore a prima vista. I primi pugni li dà già da bambino nella palestra del mitico maestro di pugilato Giuseppe Tomaselli, quello che poi alleverà Pino Leto e Michele Orlando. Quando imbocca quella maledetta curva Nino è campione italiano dei superwelters avendo conquistato il titolo pochi mesi prima sul ring allestito alla Fiera del Mediterraneo davanti ai tifosi della sua città e dopo lunghi mesi di preparazione. 

Castellini muore nel 1976, non un anno qualsiasi per la boxe perché coincide con l'uscita del primo Rocky. La "nobile arte" fa un bagno di popolarità nel mondo, esplode e diventa sempre di più una metafora della vita, un modo per riscattarsi socialmente e moralmente, attraverso una straordinaria forza di volontà, fino a raggiungere, nonostante gli ostacoli e le difficoltà, " il sogno americano", come fa Rocky Balboa. Sono gli anni di Muhammad Ali e George Foreman. 

E Nino Castellini incarna la figura del giovane palermitano che ce l'ha fatta. E a Palermo lo conoscono tutti. Muscoli scolpiti, baffoni da sparviero. E' un simbolo, lo fermano per strada, lo salutano, lo adorano. Con i suoi pugni Nino mette ko chiunque prova a mettersi sulla sua strada verso la gloria. La scala del successo la sale tutta a due gradini per volta, con il passo sempre più lungo della gamba. Vola come una farfalla e punge come un'ape, Nino: portacolori azzurro alle Olimpiadi di Monaco, subito dopo passa al professionismo. Diventa campione d'Italia nell'aprile del 1974 battendo ai punti Aldo Bentini. Demolisce anche gente del calibro di Walter Guernieri, Pascal Zito, Marcel Giordanella, Vincent Parra. Coraggio, potenza, concretezza. Gli esperti lo considerano irruento e potente ma in possesso di una tecnica notevole, seppur da sgrezzare.

In quell'estate del 1976 Nino Castellini ha in testa l'assalto alla corona europea con la sfida al detentore, l'italo-americano Vito Antuofermo. Quella mattina decide di non allenarsi per andare al mare e inseguire la felicità. Poi la morte nel buio di un tunnel. Per uno strano gioco del destino il primo ad arrivare sul luogo della tragedia è il suo maestro, Giuseppe Tomaselli. Trova Nino disteso sull'asfalto ormai senza vita. Un'esistenza spezzata nel momento migliore, come capitava a molti degli eroi belli e dannati della sua generazione, in una mattina di fine estate. Il mare all'orizzonte, la curva, lo schianto. L'ultimo pugno della vita che l'ha mandato al tappeto per sempre.

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