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Esoneri, campioni e centri commerciali: i quindici anni di Zamparini in rosanero

L'imprenditore friulano saluta (e lascia agli americani) dopo avere saccheggiato i cuori dei palermitani e riempito di sogni una città. Dalla finale di Roma con Miccoli e Pastore alla serie B con Fabbrini e Formica. Titoli di coda amari al culmine di una storia d'amore turbolenta

E alla fine arrivano gli americani. Ondeggianti nel buio, piombano all'improvviso e spazzano 15 anni di Zamparini. Stavolta è tutto vero. L'uomo arrivato da Venezia per portare la A, intrecciando campioni e affari, esoneri e supermercati, se n'è andato. E lo ha fatto con un colpo di scena, annunciando la nuova era occidentale (VAI ALL'ARTICOLO). In pieno stile zampariniano. Tutto era iniziato con esonero, quello di Pruzzo (defenestrato poche ore dopo essere arrivato in rosa) tutto finisce con le dimissioni. Stavolta Zamparini si è esonerato da solo. 

L'imprenditore friulano saluta dopo avere saccheggiato i cuori dei palermitani e riempito di sogni una città, che prima di lui inseguiva speranze e tifava per una squadra cronicamente povera. Titoli di coda amari al culmine di una storia d'amore turbolenta. Ma questo è Zamparini: mai banale e sempre pronto al colpo di teatro. Magnate furbo, uomo passionale, vulcanico e spregiudicato, per il quale sport, politica e affari hanno seguito sempre lo stesso passo. Una straordinaria capacità di comprare, vendere, ricomprare e rivendere. 

Zampa prende Venezia e la trasferisce a Palermo. Un currIculum con qualche macchia (due condanne per evasione negli anni '90, indagini e inchieste per falsi in bilancio) ma poco importa. Arriva a Palermo, compra tutto e tutti, parla di scudetto, accarezza la Champions e la Coppa Italia. La notte di Roma, datata 2011, è il punto più alto dei suoi tre lustri siciliani. Da lì in poi il presidentissimo smantella. Distrugge lentamente la sua creatura, uccidendo a uno a uno tutti i sogni del popolo che per anni l’ha osannato, quasi ciecamente, come per un credito divino, aperto senza limiti, nel magico 2004, l’anno della promozione. E' successo tutto a velocità supersonica. Il primo posto in A con Guidolin, le maradonate di Miccoli, le cinque pappine al Catania, la cavalcata con Delio Rossi. Quel Palermo che una volta teneva in panca Cavani, Simplicio e Bresciano, appena tre anni dopo va in giro per l'Italia con Feddal, Formica e Fabbrini. Perché Zampa è un impasto di intuizioni ed errori. Ma anche autolesionismo condito da smanie di protagonismo.

Il Palermo agli americani, l'ironia del web

Una tempesta d'uomo che ha fatto e disfatto la tela rosanero, a suo piacimento. Perché Zampa fiutò l'affare Palermo e ci si tuffò a capofitto. Dal processo di Biscardi alle salite sui tornanti di Monte Pellegrino per dribblare lo stress dei 90 minuti. Portò una piazza sull'orlo della depressione all'apice dell'entusiasmo, fino a spogliarla di ogni ambizione. Arrivò a Palermo nel luglio del 2002 con un sogno: costruire la Vucciria del Terzo Millennio, ovvero un megastore dotato di parcheggio e di servizi per i clienti, bar e ristoranti, mischiati con le bancarelle e le tipiche botteghe del mercato storico. Non realizza lo stadio dei suoi sogni, né il centro sportivo. Ma nel 2012 mette in piedi il Conca d'Oro, il secondo centro commerciale più grande della provincia, e il Palermo magicamente smette di crescere. Il finale della storia ha tolto il sorriso. Campagne acquisti non all'altezza, casse vuote, valanga di promesse balcaniche quasi mai mantenute, esoneri sempre più accelerati, esperimenti, fischi e sopratutto sconfitte. Zamparini lascia oggi, però aveva mollato da un pezzo.

Cambiare allenatore all’improvviso e fiuto nel sapere scorgere il talento, acciuffarlo e rivenderlo ad alto prezzo. La specialità di casa Zamparini diventa un azzardo. Il Palermo con lui torna ad assaporare la B, poi risale con Iachini, trova un po' di ossigeno con Dybala, Belotti e Vazquez, ma si inabissa in fretta. Il club si spappola a poco a poco. Come i suoi tifosi, sempre più pochi, incazzati e frazionati. Tutti contro uno: il re dei centri commerciali. “Da quando c’è il supermercato non gliene frega più niente del Palermo”, recita la vulgata. Un tormentone infinito. 

Il patron si stanca, invecchia, perde gli appoggi, trova sussulti negli esoneri (un anno fa otto cambi di panchina, record mondiale) e inizia a millantare la cessione del club. Sceicchi, cinesi, palermitani. Fino alla svolta di oggi. Che certifica l'addio dell'uomo che ha portato più in alto il Palermo. Come lui, qua, nessuno mai. La città saluta l'ultimo padre padrone del nostro calcio. Zamparini, il re del “pago, quindi comando” si fa da parte. Perché anche i ricchi prima o poi diventano poveri. Gli americani accompagnano l'uscita solitaria dell'uomo che stava trascinando il Palermo a un passo dal paradiso. E che poi ha deciso di rispedirlo all’inferno.

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