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Lo sport dopo il Coronavirus: "Possibili complicanze cardiache, controlli accurati prima della ripresa"

Intervista a Francesco Cappello, ordinario della Scuola di specializzazione in Medicina dello Sport dell'università: "Coi test sierologici si capirà chi ha contratto la malattia. Sia per i professionisti che per gli amatori serviranno delle visite specialistiche"

“Tamponi ogni quattro giorni e controlli cardiologici approfonditi per i professionisti, ma anche chi pratica sport a livello amatoriale dovrà comunque seguire delle sorti di linee guida. Non sappiamo quanti professionisti (e non) un domani potrebbero accusare delle complicanze cardiache”. A dirlo in un'intervista a PalermoToday è Francesco Cappello, ordinario di Anatomia Umana presso l’università di Palermo e della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport e dell'Esercizio Fisico.

Perché una volta rientrata questa emergenza, o magari quando il paese proverà ad addentrarsi nella “fase 2”, quella del reinserimento sociale e lavorativo, bisognerà comunque porsi una serie di quesiti logistici, legati ai più svariati settori sociali. Anche in quello sportivo, professionistico o meno, e quindi per chi ad esempio gioca pallavolo, per chi va in bicicletta o semplicemente per chi gioca a calcetto o a padel con i propri amici. “Partiamo da questa prima considerazione - spiega Cappello - che qualora all’individuo sia stato diagnosticato il virus, quindi laddove ci sia stato il riscontro di una positività al tampone è chiaro che in quel caso non potrà riprendere normalmente a fare ciò che invece era solito fare abitualmente. Prima di tutto dovrà sottoporsi a degli screening cardiologici, oltre che a una serie di altri approfondimenti. Quindi dovrà prima andare da un medico dello sport dichiarando di aver contratto il virus e di essere guarito,  poi invece dovrà sottoporsi ad altri approfondimenti cardiologici. Per tutti gli altri invece è presumibile che nella fase 2, quindi quella del reinserimento lavorativo e sociale, ciascuno di noi possa sottoporsi a degli esami del sangue. Dal test sierologico - spiega - si avrà un quadro più delineato. E questo sarà molto importante, perché chiunque avrà incontrato il virus, di conseguenza, avrà anche sviluppato una sorta di immunità che durerà per diverso tempo (a tal proposito gli studi sono ancora in corso e non c'è una risposta certa ndr), viceversa invece continueremo a essere esposti al rischio". 

Ma si potrà comunque richiedere la certificazione di idoneità sportiva, prestando però molta attenzione ad eventuali sintomi di esordio di questa malattia. "In quel caso  - continua il professore - biosogna sicuramente fermarsi e contattare il proprio medico. Sarà quest’ultimo infatti a suggerire al soggetto quali approfondimenti del caso portare a termine. Il consiglio che mi sento di dare è quello di non andare da un medico dello sport soltanto per avere un certificato, bisogna dare un valore a quel foglio di carta. Usufruiamo delle competenze del medico dello sport per essere visitati e per avere, sempre, un quadro ben preciso della situazione". 

In pratica dunque si dovranno seguire delle linee guida, le stesse elaborate nelle ultime settimane per gli atleti professionisti. Come ad esempio per i calciatori dei massimi campionati di calcio “perché anche loro – ricorda il dottor Coppola – sono sempre esseri umani”. Una sorta di libretto delle istruzioni per la ripresa post-Covid dei professionsti elaborato dalla federazione medico sportiva, l’unica accreditata dal ministero per fare questo genere di attività. “Prima di tutto bisogna dividere le persone per categorie di popolazione – ha spiegato Cappello - . Poniamo come esempio il caso Dybala, giocatore della Juventus risultato positivo al Covid-19, senza eccessive complicanze. Al suo rientro, oltre a dover rifare la visita per la certificazione di idoneità sportiva. Per i professionisti sono sicuramente più numerose, mentre per chi lo fa amatorialmente consistono in una visita che fra le tante prevede anche una valutazione respiratoria e cardiovascolare. Nel caso di un professionista come Dybala, risultato postivo, dovrà sottoporsi a dei test specifici e mirati per capire realmente se il suo cuore abbia subito delle alterazioni rispetto a prima. Se tutti i valori morfologici e funzionali del cuore risulteranno essere nella norma, allora potrà riprendere a giocare tranquillamente. Viceversa invece bisognerà constatare se in seguito al virus siano insorte delle malattia e quindi approfondire la sua situazione ed eventualmente andarla a curare". 

Francesco Cappello-2Tutti i professionisti che invece non sono risultati positivi al Coronavirus dovranno essere divisi in due gruppi, in questo momento da una parte quelli che non sono risultati positivi perché semplicemente non hanno preso il virus e quelli che non sono risultati positivi perché non hanno avuto sintomi, ma lo hanno preso. "Come possiamo  discriminare in questo momento questi due gruppi? In nessun modo - afferma Cappello - ma ci auspichiamo di poterlo fare nel giro di qualche settimana attraverso dei test sierologici, che permettono di constatare se sono presenti o meno immunoglobuline specifiche per questo virus. Solo e soltanto a quel punto potremmo differenziare con certezza chi non ha riscontrato il virus da chi invece lo ha riscontrato in forma asintomatica. Quest’ultimi, chiaramente, dovranno fare gli stessi controlli cardiologici approfonditi a cui si è già sottoposto Dybala, tanto per intenderci e a cui chiaramente si dovrà nuovamente sottoporre nelle prossime settimane”. 

“Per tutti  i professionisti che invece non risulteranno postivi – continua il professore - la federazione medico sportivo ha previsto che ogni quattro giorni vengano sottoposti al tampone e al test sierologico. Quello che mi domando però è come si fa a dire ad un calciatore di stare almeno a un metro di distanza dall’altro. Fino a quando la curva non avrà terminato la sua discesa non si potrà e non si dovrà riprendere né ad allenarsi né a disputare partite. Una volta rassembrati i vari organici invece bisognerà sottoporre i giocatori a test e a tamponi per diverso tempo. La federazione medico sportivo ha prescritto di fare un tampone ogni quattro giorni e ad esempio è già un bel problema, per due specifici motivi: il primo, naturalmente,  perché si parla di un elevato numero di tamponi e il secondo invece per l’ individuazione di una struttura sanitaria che sia in grado di effettuare tutti questi tamponi. Magari alcune realtà potrebbero non avere strumenti, strutture e risorse congrue a queste prescrizioni. Inoltre non si sa quanti atleti un domani possano accusare una complicanza cardiaca. Noi naturalmente ci auspichiamo un numero esiguo di individui, ma in questo momento non ci è dato saperlo. Quel che è certo – conclude – è che le autorità competenti dovranno continuare a confrontarsi per darci delle indicazioni precise e mirate con cui dovremo imparare a convivere fino a quando non sarà disponibile un vaccino. Che secondo un mio punto di vista non avverrà prima dell'avvento del nuovo anno”. 

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