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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Dai gol con l'Amat al tetto del mondo: 30 anni fa Schillaci capocannoniere di Italia 90

Adesso quel cerchio si chiude virtualmente: lunedì nella sede di via Roccazzo gli assessori comunali Catania e Petralia Camassa, insieme al presidente dell'azienda, Cimino, gli consegneranno un trofeo

Mentre Maradona piange e Matthaus solleva al cielo di Roma la Coppa del Mondo, il Dio del Pallone finisce di scrivere la favola di Totò Schillaci. Il ragazzo povero si trasforma in re la notte del 8 luglio 1990. La Germania vince, il pianeta è stregato dall'ex gommista del Cep, che diventa ufficialmente capocannoniere del mondiale con 6 gol. Sono passati 30 anni oggi. E viene naturale pensare a quello che poteva essere e non è mai stato. A quei sette milioni di lire che hanno tenuto lontano Schillaci dal suo Palermo mentre il bomber a 17 anni segna a raffica nelle categorie minori. Una cifra irrisoria nel calcio a nove zeri degli anni Ottanta. Eppure tanto bastò per far sfumare il passaggio di Totògol in rosanero. Un matrimonio mai consumato, quello tra il figlio più celebre del Cep e la squadra della sua città. 

L'Amat, piccola realtà del panorama locale, in un'altra estate mondiale - quella del 1982 - chiede 35 milioni. Il Palermo ne offre 28. Le due società non si incontrano a metà strada. Perché arriva il Messina a portarlo via. Da lì la storia di Schillaci diventa nota a tutti. Dal trampolino del Celeste, Totò si tuffa nel mare della gloria: Juventus nel 1989, la telefonata di Vicini, il mondiale da sogno. Estate 1990: sono i giorni in cui Palermo - incazzata perché non c'è acqua - improvvisamente se ne frega di tutto e vive una favola lunga un mese. Ci sono i brividi, gli abbracci, i caroselli fino a notte fonda, i "gol" urlati e festeggiati in balcone. Sono i giorni della grande illusione, svaniti sul più bello quando Zenga si fa beffare da Caniggia. Crollata la magia, il Paese viene travolto. Sprechi, pressapochismo, tangenti, stragi, scandali. Italia 90 è una cattedrale di plastica che trova in Totò Schillaci lo stendardo da sventolare al mondo.

L'universo lo cerca e giornalisti piovuti da ogni dove vanno a cercare le sue origini presentandosi al Cep. Scoprendo che tutto è iniziato all'Amat all'alba degli anni Ottanta, quando il figlio del Cep lavora dal gommista Barone per lire 210 mila al mese e nel tempo libero indossa la maglia gialloverde dell'azienda dei trasporti palermitana, con cui Totò ha iniziato a giocare all'età di 11 anni. "Con tutti gli allenatori ho avuto un bel rapporto, ma fondamentale per me è stato Angelo Chianello", ha sempre detto Schillaci. In quegli anni c'era un magazziniere che gli dava 2.500 lire per ogni gol che segnava. A un certo punto è stato costretto a fermarsi perché Schillaci di gol ne faceva troppi. Sei lunghi anni all'Amat. Fino a solleticare l'interesse di Palermo e Messina. I rosanero - oltre al futuro eroe di Italia 90 - volevano acquistare anche Carmelo Mancuso, un terzino, poi approdato anche al Milan. Ferruzza, il presidente, non trova l'accordo con il Palermo e impacchetta i due talenti verso lo Stretto.

La storia dell'uomo delle notti magiche è nota a chiunque. Dopo l'Inter e il Giappone, il ritorno a casa. Il "flirt" col Palermo sfumato quando Totò ha 32 anni, il ritiro precoce per colpa di cronici acciacchi, il tentativo di comprare la società da Giovanni Ferrara andato a vuoto. Quindi la decisione di tornare alle origini e realizzare il sogno coltivato sin da ragazzino. Ovvero: aprire una scuola calcio nella sua Palermo, tra Passo di Rigano e Borgo Nuovo, il rione "nato vecchio" da quando, nel dopoguerra ospitava le famiglie dei dipendenti dell'Amat, là dove tutto era cominciato, al Louis Ribolla, trasformato da campetto polveroso di periferia a struttura di riferimento nella periferia nord di Palermo con tanto di terreno regolamentare in erba sintetica.

L'8 luglio 1990 i titoli di coda scorrono sul nostro Mondiale e fanno calare il sipario. Sono passati 30 anni eppure chiunque ha vissuto quei momenti ricorda dov'era e cosa faceva quando Schillaci segnava. "Aveva una voglia di fare gol che non ho mai visto in nessuno", disse una volta Franco Scoglio, durante gli anni di Messina. Il Professore aveva ragione. Se ne sono accorti tutti. Gli occhi spiritati di Totò sono diventati il souvenir di una generazione che ha trovato la sublimazione in quelle notti irripetibili. L'estate più bella crea un prima e un dopo. Il prima sono quei gol a raffica nella Palermo povera che si dava battaglia su strade pietrose e mezze asfaltate. Il dopo è tutto nel decollo del progetto Ribolla che ha reso Schillaci un uomo felice, al punto da convincerlo a tornare nella sua amata Palermo rinunciando alla prospettiva di abitare al Nord, quando i riflettori si erano appena spenti.

schillaci trofeo amat-2E adesso quel cerchio si chiude virtualmente. Lunedì nella sede dell'Amat di via Roccazzo gli assessori comunali Catania e Petralia Camassa, insieme al presidente dell'azienda, Cimino, gli consegneranno il trofeo del Trentennale di Italia 90. Come diceva la canzone? "Un sogno che comincia da bambino e che ti porta sempre più lontano. Non è una favola". O forse sì. Perché lui, l'uomo dei sogni, dopo essere finito lontano è tornato là dove tutto era iniziato.

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