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Da “Lucatonigol” a Toni, nove anni sempre al mAssimo

Per un curioso scherzo del destino il primo gol in serie A lo segnò proprio chi ha condannato i rosa a Firenze. Dalla rete di Brienza alla Juve alle cinque sberle dell'Udinese: ripercorriamo le stagioni del Palermo con un pizzico di malinconia

La pioggia di Firenze non purifica. Fa male come se fosse grandine. Cancella nove anni indimenticabili, viene giù come tempesta, quella che però non lascia spazio alla quiete. E’ stato come un sogno. Iniziato in un afoso pomeriggio di metà settembre con il Siena di Gigi Simoni. Steso dietro alla porta di Fortin c’è scritto: “Serie A Tim”. E’ tutto vero. Il primo gol dell’avventura rosanero nella massima categoria lo sigla Toni. Che apre e chiude un’era fatta di sogni, lacrime, gioie, dolori. Sempre al massimo, Palermo sulla bocca di tutti, sui titoli dei giornali, in corsa per lo scudetto, per la Champions, Palermo che espugna Londra e vince i mondiali di Berlino coi suoi quattro alfieri e il rigore di Fabio Grosso.

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LE PAGELLE

In mezzo il Barbera ha visto il Livorno con la grandine, la Samp con l’afa, la Roma col gelo, con la curva piena che in piedi segue la fuga di Santana fino all’esplosione per il gol di Toni (2-0), e la Roma con la pioggia in quel folle 3-3. Le cinque coltellate sul petto del Catania, la fila infinita con l’Empoli, nella prima partita dei tornelli obbligatori, i brividi per Brienza che fulmina Buffon, la pelle d’oca per Cassani nel 3-2 batticuore alla Juventus. Era un Palermo straripante quello che umiliò l’Inter, con Delneri in panchina e Makinwa-Caracciolo in attacco. Era sabato pomeriggio. Era un giovedì invece, dopo pranzo, quando Palermo segnò il capolinea dello Slavia Praga, con un gol in tuffo di Godeas. Il Barbera ha anche sbadigliato, come quella volta con l’Ascoli, ma in quegli anni anche la pasta con le sarde ogni tanto aveva un sapore sopportabile.

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Barbera degno, composto, fiero. Che sa vincere e accettare le sconfitte. Come quando l’Udinese passeggiò sulle macerie rosanero: 5-1 tra gli applausi e le curve piene fino a un’ora dopo il triplice fischio. Pubblico esemplare. E commosso, fino a diventare un tutt’uno con gli amati Guidolin e Delio Rossi. Incredulo quando un ragazzino con l’apparecchio, appena arrivato dall’Uruguay segna un eurogol all’odiata Fiorentina. Palermo che non dimentica, che fischia Toni con i “fischettoni”, che ama alla follia Amauri e Corini. Barbera che ha imprecato con Budan che sbaglia davanti a Storari, ma che ha pianto insieme a lui dopo il gol al Parma in un’inutile amichevole di agosto, perché Igor il Buono ci insegna che il pallone può essere felicità, e nella vita, se vuoi, si cade e ci si rialza.

Palermo che ha sopportato Melinte, Celutska, Farias, Giacomazzi, Matusiak, Calderoni. Che non perdona e insulta Diana e Pisano. Ma che si è goduta Pastore, a tratti esaltante, a tratti deprimente. Perché nelle evoluzioni del Flaco il Barbera vedeva già lontano. Così forte, così inafferrabile. Volato via come una farfalla, ché in fondo, se la stringi troppo muore. Troppo poco e vola via. Come la Serie A. Cancellata dalla pioggia in un'inutile domenica di maggio.

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