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Emilio Scibona

Collaboratore Sport

Il Palermo si è sgonfiato: se l'obiettivo è realmente la B a ogni costo lo capiremo dal mercato di gennaio

Al giro di boa del campionato i rosanero arrivano da quinti in classifica, distanti undici lunghezze dal Bari capolista. Il dislivello con i Galletti appare evidente e le cose son due: o si interviene subito sulle criticità oppure si ammette che la strada per la cadetteria possa passare solo dai playoff

Quando si arriva al giro di boa di un campionato le indicazioni che arrivano, pur non definitive, sono comunque abbastanza consistenti per poter fornire un’istantanea nitida nonché per delineare possibili scenari futuri. Il Palermo, che ieri ha iniziato con il piede sbagliato il suo girone di ritorno perdendo a Latina, arriva alla sosta da quinto in classifica dopo un terzetto di partite da incubo che comprende anche il derby perso a Catania e il pareggio nello scontro diretto col Bari. Quello che doveva essere il frangente della consacrazione rischia di rivelarsi il momento della disillusione: i Galletti, vittoriosi sul Potenza, sono di nuovo a + 11, l’Avellino sta venendo fuori, il Monopoli ha ripreso la sua marcia ed è secondo.

Prima di andare nel merito dello storico delle recenti prestazioni rosanero occorre fissare un punto sul valore dell’organico di questo Palermo, ormai abbastanza inquadrabile. Che la rosa costruita in estate sia tecnicamente valida per fare un campionato di buon livello è vero: che però allo stato attuale non sia attrezzata abbastanza per poter avere velleità di vertice e forse anche per essere la “prima degli altri” è altrettanto evidente. Se la classifica in tal senso è già una testimonianza, il match contro il Bari ne è stata un’icastica conferma: la discrepanza di valori tecnici tra i biancorossi e i rosanero (nonché col resto delle squadre) è apparsa netta.

Questo di per sé non stupisce più di tanto ma risalta nel momento in cui si considera che a fronte di spessori diversi le due squadre condividono lo stesso obiettivo, quello della Serie B. Sembra chiaro che per colmare il gap ci vogliano innesti di spessore o quantomeno allungare la coperta (specie per quanto riguarda gli interni di centrocampo, ruolo in cui basta una squalifica per andare in affanno numerico); non farlo significherebbe ammettere che l’unica cosa che si può fare in queste condizioni è ottenere il piazzamento migliore possibile nella stagione regolare e giocarsi il salto di categoria nel grosso tritacarne dei play-off. Il che di per sé non sarebbe né un problema né una cosa di cui vergognarsi ma più prosaicamente un punto da fissare per avere un’idea chiara e parametrare ogni valutazione di merito su un target effettivo.

In questa stagione dopo un avvio caratterizzato da un bipolarismo estremo nel rendimento casa/trasferta, la prima vittoria esterna contro la Vibonese sembrava aver rotto un incantesimo e donato alla squadra uno slancio diverso, che si era visto per tutto il mese di novembre, fino alla sconfitta di Picerno e alle ultime uscite che mostrano come quel fuoco che sembrava Napalm e aveva riacceso gli entusiasmi in realtà fosse frutto di un cubetto di diavolina. I rosanero sono dunque tornati ad essere quello che erano all’inizio ovvero un carrarmato quando giocano al Barbera, un carro funebre quando escono dai confini della Trinacria: una discrepanza accettabile solamente quando l’obiettivo si chiama salvezza o centroclassifica. Che ci sia un problema di natura attitudinale è ormai abbastanza evidente e questo lo sa anche, se non soprattutto, Giacomo Filippi. Il tecnico rosanero ha sicuramente il polso della situazione ed un’idea chiara del quadro: a mancare però sono al momento le soluzioni.

Al di là delle considerazioni di merito sul gioco espresso (che nella logica primaria del risultato lasciano sempre il tempo che trovano in qualunque contesto) il Palermo di quest’anno ha alternato sotto il profilo dell’atteggiamento manifestazioni buone, talvolta persino eccellenti (Foggia, Paganese, Monopoli) a uscite poco brillanti e in alcuni casi pessime al limite del grottesco (come Monterosi, Turris, Catania). Sui dettagli tecnici all’allenatore del Palermo alcune cose sono riuscite bene, altre meno, come è fisiologico che sia: il grosso del problema, ovvero la discontinuità, però resta. Ha ragione Filippi nel dire, come ha fatto ieri nel post-Latina, che questa sia una cosa non semplice da risolvere: a questo punto del campionato doveva esserci però quantomeno una smussatura, circostanza che, risultati e classifica alla mano, non si è verificata. Ovviamente il discorso vale sempre in relazione all’obiettivo.

Ogni valutazione/opinione calcistica su ciò che va o non va è all’interno della squadra è sempre stabilita dal rapporto tra il target e i risultati: un rapporto che per i rosanero non è certo sbilanciato verso il basso ma nemmeno livellato verso l’alto. Il punto, dunque, è uno e semplice: capire cosa è che si vuole fare da grandi. Se l’idea è Serie B a ogni costo allora il Palermo deve necessariamente correggere la rotta su tutta la linea e farlo in fretta e furia. Altrimenti si può anche riconoscere, e come detto non è né vergogna né un problema, che il limite sia questo e che dunque il massimo che si può auspicare è quello di andare a velocità di crociera verso i play-off e giocarsela lì con la consapevolezza di dovere affrontare una sfida difficile ma non impossibile: a quel punto lo scenario attuale andrebbe più che bene. Il mercato di gennaio a questo punto è la cartina di tornasole per capire in che direzione si vorrà andare. Sempre fermo restando che il calcio, ancor più degli altri sport ha una componente di imponderabilità che mai può essere considerata un difetto imputabile.

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