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Giovedì, 28 Marzo 2024
Calcio

Massolo come Fontana e Sirigu: quando il dodicesimo del Palermo scala le gerarchie e diventa protagonista

Nelle ultime uscite l'estremo difensore spezzino si è dimostrato una sicurezza rinnovando una tradizione molto frequente nella storia recente rosanero

Dopo i nervi saldi dimostrati in occasione del rigore parato a Procaccio in Triestina-Palermo, Samuele Massolo ha confermato ieri sera durante la sfida contro l’Entella, per altro sua ex squadra, di essere una delle certezze più importanti dei rosanero in questa corsa alla Serie B. Partito in sordina durante la gestione Filippi (dove comunque ha fatto vedere ottimi numeri in Coppa) l’estremo difensore spezzino, con l’arrivo di Baldini, è entrato in ballottaggio con Pelagotti, giocatore più esperto che quest’anno ha viaggiato però a corrente alternata. Alla fine, i guai fisici del portiere ex Empoli, gli hanno cucito definitivamente sulla divisa i galloni da titolare.

Nella storia recente del Palermo non è la prima volta che il dodicesimo scala le gerarchie diventando titolare, spesso per altro a scapito di un collega più esperto o comunque quotato. In principio fu Vincenzo Sicignano, nella disgraziata stagione 1996/1997 che vide il Palermo passare dall’allegria dei picciotti alla tristezza della C. In principio il titolare era Bonaiuti, reduce da stagioni in A col Padova e arrivato al posto di quel Berti del quale "Vicè" era stato secondo. Col passare dei mesi il portiere di Pompei scala le gerarchie e diventa titolare, mantenendo il posto anche dopo l’arrivo di Amato (arrivato dal Cosenza in uno scambio con Bonaiuti) fino al tremendo infortunio contro il Foggia, quando un fallo di Chianese gli provocò la frattura di un braccio. In quella stagione iniziò l’epopea dell’estremo difensore campano in rosanero, tornato a fare il secondo a Bonaiuti nell’ancor più disgraziata stagione successiva prima di diventare definitivamente titolare per cinque stagioni fino al ritorno di Gianluca Berti nel 2003. Ritorno che per altro fu propiziato dall’attuale tecnico rosanero Baldini.

Dall’addio di "Vicè" raramente ha avuto un portiere titolare per più di due stagioni (di fatto il solo Sorrentino è durato di più) e molto spesso ci sono stati dei cambi di gerarchia. In un’annata, la 2005/2006, il Palermo ha avuto addirittura cinque portieri. In principio fu Guardalben, titolare nel primo anno in A dell’era Zamparini e messo subito fuori gioco da quegli infortuni che ne hanno segnato una carriera promettente. Da lì in poi fu un lungo valzer: Santoni, dopo 3 anni da dodicesimo, si giocò male le sue chances, venendo sostituito da un giovane Mariano Andujar, promettente ma acerbo, che a sua volta dovette lasciare a gennaio la porta a Lupatelli, portiere del Chievo dei miracoli di quel Delneri che lo ha portato al Palermo: l'esonero di quest'ultimo sarà fatale al dodicesimo della Roma scudettata nel 2001. Ultimo della rosa dei cinque fu Federico Agliardi, al tempo promessa nel giro Under 21 proveniente dal Brescia, con il quale il Palermo sperava di aver trovato un profilo affidabile che sarebbe rimasto nel tempo.

In effetti tutto faceva pensare che sarebbe stato così: Agliardi nella stagione successiva fu protagonista di un inizio folgorante che lo portò alla ribalta prima che il goffo errore nel derby poi vinto 5-3 contro il Catania ne segnasse la stagione e probabilmente la carriera. A prenderne il posto fu colui che in principio doveva esserne la chioccia, quell’Alberto Fontana che poi si sarebbe consacrato come uno dei portieri migliori avuti dal Palermo in Serie A. L’estremo difensore cesenate passò due anni sulla cresta dell’onda prima di tornare a fare il dodicesimo con l’arrivo di Amelia, terzo portiere della nazionale campione del Mondo nel 2006. A onor del vero anche in quel caso Fontana riuscì, nella parte centrale del girone d’andata a scalzare il rivale, mai convincente del tutto: alla fine però la società, a fronte di quello scomodo ballottaggio, decise di puntare su Amelia, relegando di fatto l’esperto portiere al ruolo di terza scelta, sancendo di fatto la fine della sua carriera.

Nonostante la fiducia ricevuta il feeling tra Amelia il Palermo rimase altalenante, tantoché l’anno successivo il portiere scuola Roma fu scambiato senza troppe remore alla pari con Rubinho, estremo difensore del Genoa rivelazione di Gasperini. Il portiere brasiliano si rivelò però ancora più poco convincente: l’allenatore rosanero di allora, Zenga (uno che di estremi difensori a naso ne sa qualcosa) decise dunque di promuovere da titolare il secondo, intuendone le potenzialità: il giocatore in questione altri non era che Salvatore Sirigu, da quel momento per tutti "Walterino". Il portiere sardo da lì in poi si consacrò come uno dei portieri italiani più forti: i due anni da titolare in rosanero, coincisi con l’assalto sfumato alla Champions e la finale di Coppa Italia, sono stati per lui l’inizio di una carriera nel complesso di alto livello nella quale probabilmente avrebbe meritato un po’ di considerazione in più.

Da lì in poi diversi portieri si sarebbero avvicendati tra i pali del Palermo con fortune quantomai alterne al netto del già citato Sorrentino (e volendo anche Viviano, rimasto però per soli sei mesi nel 2012). Nelle intenzioni dell’epoca, colui che avrebbe dovuto dare stabilità alla gerarchia degli estremi difensori era il croato Josip Posavec, a livello tecnico la più grande delle utopie che segnarono l’ultima fase dell’era Zamparini. Pur mostrando anche buoni numeri in certe occasioni il classe 1996 si dimostrò particolarmente incostante e incline alla topica: confermato titolare dopo l’ultima retrocessione in Serie B (anno nel quale fu messo per un po’ in panchina ad appannaggio di Fulignati) il portiere croato si confermò negli splendori (pochi) e nelle miserie (purtroppo frequenti) anche in cadetteria. Dopo un girone d’andata sulle altalene l’allora tecnico rosanero Tedino decise di lanciare nella mischia Alberto Pomini, dodicesimo navigato e senza pretese che si confermò un portiere più che affidabile, rimanendo in sella anche con l’arrivo di Stellone fino all’ultima partita, quel Frosinone-Palermo 2-0 col famigerato pallone-gate che fece sfumare la promozione in A.

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