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Venerdì, 29 Marzo 2024
Costume e Società

Era un mobilificio adesso è la cittadella della cultura, la storia dei Cantieri Culturali alla Zisa

Il Cre.Zi. Plus si trova all’interno di una struttura più grande. I Cantieri ospitano più di 30 realtà tra cui il Crezi.Plus. Le attività che si svolgono sono numerosissime, dal teatro, alla danza, musica, arti figurative

Fabbriche, dighe, centrali elettriche abbandonate restituite alla comunità e convertite in laboratori teatrali, gallerie, sale proiezioni. Residenze artistiche nate spontaneamente in sperduti villaggi di montagna. Vecchie aziende agricole ed ex caserme diventate auditorium e spazi espositivi. Sono i nuovi centri culturali, una rete di realtà spesso lontana dai riflettori che unisce artisti, giovani antagonisti, attivisti, operatori del sociale, studenti. O semplicemente persone che amano il proprio quartiere e la propria comunità.

"Bagliore", edito dal Saggiatore e curato dall’agenzia cultura cheFare, riunisce sei racconti di giovani scrittori che attraverso il loro sguardo, individuale, originale, si sono immersi nella vita quotidiana di alcuni luoghi d'Italia, tra cui anche Palermo. C'è Bagni Pubblici di via Agliè a Torino, ci sono gli spazi del Cre.Zi. Plus di via Paolo Gili. E poi ancora l’ExFadda a San Vito dei Normanni, l’Ex Villaggio Eni a Borca di Cadore, le Officine Culturali a Catania, Pollinaria a Civitella Casanova.

Attraverso storie e testimonianze di chi ha creduto nella possibilità di forme differenti di socialità e relazione tra individui, questi luoghi diventano molto più di quello che sembrano: una nuova via, più inclusiva e trasversale, di diffondere la cultura. Ecosistemi collaborativi che nel rispetto e nella valorizzazione del territorio hanno trovato una risposta alternativa alla crisi, trasformandosi in laboratori permanenti in cui immaginare nuovi, migliori, futuri possibili.

La storia del Cre.Zi.Plus 

Ai Cantieri Culturali alla Zisa, all’ingresso di Cre.Zi. Plus c’è un cartello con scritto "Questa è una città". Si riconosce chiaramente nei ventitré padiglioni dei Cantieri Culturali l’archeologia industriale, che furono il mobilificio Ducrot, fiore all’occhiello dell’imprenditoria siciliana fino alla dismissione negli anni sessanta. Si associa il padiglione del Cre.Zi. Plus all’ex mensa e all’ex falegnameria: dodici campate, tutte uguali, che compongono un padiglione lungo e stretto, ora suddiviso in tre spazi. Il tetto a due falde, con le tegole rossicce. I muri spessi, con l’intonaco bianco che lascia scorgere i mattoni appena sotto la sua superficie.

Sbirciare in ogni buco la relativa scena offerta: l’area d’ingresso come un salotto, il bistrot con i tavoli, lo spazio a cavea per gli eventi, un piccolo ufficio, una zona conferenze, due aree di lavoro coworking, un altro piccolo ufficio. Sono frammenti conclusi che conformano una sorta di atlante nel loro insieme. Ogni microstoria ha un protagonista, che delinea un aneddoto o un momento o una sua relazione con i Cantieri.

Le microstorie del capitolo dedicato a Palermo sono tratte da incontri e da molteplici conversazioni, realmente accadute, con gli abitanti dei cantieri (dagli operatori culturali, ai fruitori, a chi è di passaggio) e dunque vere ma potrebbero mescolarsi liberamente anche ad altre inventate, seppur verosimili.

Il racconto del centro culturale potrebbe ora arricchirsi e seguire con la storia di Salvatore, pianista, che ha emozionato tutti con il primo concerto tenutosi a Palermo dopo il lockdown, proprio nella piazza del Cre.Zi; di Maria che, insieme a molte altre persone del quartiere Noce in difficoltà durante l’emergenza, ha ricevuto i pasti solidali della Social Kitchen; di Filippo che rimette in ordine la priorità degli obiettivi del centro, privilegiando per adesso il raggio d’azione di prossimità; di Francesca che oggi offre Sicilian Cocktails a chi finalmente torna per un aperitivo ai Cantieri.

Potrebbe continuare, così come continua il mondo corale e polifonico e sempre mutevole del Cre.Zi Plus ai Cantieri Culturali alla Zisa. Ci sono le persone e ci sono gli ambienti. E poi ci sono le relazioni. I flussi. Le reti. Quelle cose alle quali è sempre un po’ imbarazzante dare un nome fuori dai circoli degli addetti ai lavori perché dove è passato il rullo compressore del marketing le parole si riducono sempre a una dimensione. Eppure sono proprio le relazioni ad abitare più di ogni altra cosa i nuovi centri culturali. 

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