"Ricordi delle nonne e delle zie in cucina: le versioni dell'insalata di pomodoro alla siciliana"
Ormai la cucina è entra prepotentemente nell'immaginario collettivo come status symbol. Tutti cucinano in televisione per far vedere ricette nuove o vecchie. In tv si fanno gare fra ristoratori e famiglie per risultare i più perfetti e provetti cuochi, secondo la logica dei giudici, assunti a detentori del galateo e del gusto. Tutto questo, a parere mio, non fa altro che uniformare in tutta Italia il modo di mangiare e ricevere gli ospiti, di cancella ogni tradizione. Io personalmente vengo dalla tradizione contadina, quella di mia nonna materna, nonna Vita, e paterna,nonna Rosi, rispettivamente la prima della provincia di Palermo ( Partinico ), la seconda della provincia di Messina ( Barcellona pozzo di Gotto). Pertanto, a casa mia la cucina ed il cibo hanno sempre sentito l'influenza di queste due culture differenti, seppur sicule entrambe.
Le prime cose che ho imparato a cucinare, grazie a nonna Vita, la più vicina a Palermo e che spesso ci veniva a trovare in casa, sono state l'insalata di pomodoro e la frittata, in siciliano “frocia”. Era lei che in casa sapeva fare tutto, dai lavori femminili a quelli maschili, che la sera mi faceva addormentare con le storie dei paladini Francia, che ogni volta che i miei genitori uscivano di casa, diventava maestra di ogni gioco, anche la cucina. Fu lei che il 18 marzo del 1973 in veranda di casa, la sera del festeggiamento del mio sesto compleanno, mi regalò un orologio da polso e mi insegnò come si leggesse l'ora nel quadrante, mentre dal balcone si vedeva un grossa vampa di san Giuseppe che ardeva nei pressi del bar vicino via Piave.
Mia nonna, grazie forse al suo nome, Vita, non si fermava mai nelle faccende di casa, tipo : lavare a mano, stirare o altro; e poteva anche dimenticare di mangiare. Ma la cosa incredibile è che non si lamentava mai, lei mi diceva sempre: “ dove c'è pane duro, stacci!”. L'insalata palermitana veniva fatta in estate con pomodoro verde, olio origano, cipollina o cipolla a fette, olive verdi in salamoia, qualche sarda salata e qualche foglia di porcellana, un erba spontanea dei campi, quando si trovava. Il pane da accompagnare era una grossa fetta di pagnotta. In inverno il pomodoro veniva sostituito con quello di nocca, pomodorini appesi, tipo pizzutello Trapanese. Si riusciva a fare un'insalata fino a dicembre. Solitamente l'insalata era un contorno. Un versione diversa dell'insalata di pomodoro è quella di sostituire la cipolla con l'aglio schiacciato. Mia nonna mi diceva sempre che l'aglio fa bene, anche se poi l'alito non era dei migliori. Nella cultura contadina l'aglio era l'unico antibiotico a disposizione e veniva utilizzato in quasi per tutti i tipi di infezione.
Ciò che già facevano Egizi e Babilonesi, nell'antichità. Un altro modo palermitano di mangiare il pomodoro in estate è “a strica sale”, cioè solo condito con con il sale, strofinato nel sale. In questo caso il pomodoro deve essere appena colto e deve essere quasi maturo, il sale gli conferisce la giusta sapidità e se il pomodoro è buono in bocca durante la masticazione deve risultare granuloso. Da provare. Alcune volte poi il pomodoro diventava il complemento al pane e olio (di oliva). Per fare una merenda si ricorreva al pane inzuppato nell'olio, condito con sale, pepe, origano e se c'era qualche fetta di pomodoro, una versione semplificata del “pane cunzato”( condito). Quando andavo in provincia Messina la stessa insalata di pomodoro assumeva anche significati diversi: merenda da asporto, piatto unico. La merenda era l'insalata nel mezzo pane messinese che solitamente ci portavamo al mare io ed i mie cugini. Per fare questa particolare merenda bisognava prendere un pane circa mezzo chilo, si divideva in due e poi da una porzione si ricavava una tasca, svuotando un unico pezzo di mollica, cosi faceva la zia Anna, la signorina Presti, così chiamata dai suoi vicini, fu quella che si sostituì nonna Rosi quando lei venne a mancare. Solitamente quando mi recavo da Palermo a Barcellona P.G. ed arrivavo a casa di nonna Rosi ( zia Anna), una piccola casa popolare al primo piano di Pozzo di gotto, posta difronte una scuola elementare, mia zia ci attendeva sempre da una piccola finestra che dava sulla strada, tutto era più romantico, non c'erano i telefonini.
Gli abbracci ed baci a ripetizione sulle guance, era il benvenuto di mia zia, che con le lacrime agli occhi si lamentava del ritardo di qualche minuto rispetto alla tabella di marcia. La prima cosa che faceva era quella di farci mangiare. Un modo tutto suo di fare i giochi i artificio di benvenuto. Ma la cosa che mi colpiva entrando dal portone, sempre aperto dell'androne, al piano terra, era la commistione degli odori della sua cucina, dei suoi piatti. L'altro giorno per Natale in famiglia abbiamo cucinato lasagne ed involtini, stile messinese. Mio fratello è venuto a trovarmi a casa con la sua famiglia, dopo pranzo, nel pomeriggio, la prima cosa che ha detto compiaciuto è stato “ Che odore!”. In quel momento ho capito che lei era ancora tra noi. La zia, nella sua piccola cucina, che pero' era sempre in funzione dalla mattina alla sera, faceva una cosa strana, cominciava a strofinare il pane svuotato con un pezzo di cipolla, poi preparava l'insalata di pomodoro al suo interno con piccoli pezzi di pomodoro maturo, olio, sale pepe cipolla a piccoli pezzi, origano e all'ultimo tappava il tutto con la mollica inzuppata nell'olio e sale. Poi si procedeva a mettere il tutto in un tovagliolo, per poi riporlo nello zaino del mare. Dopo il bagno, la fame era da lupi, il mega panino riusciva ad assolvere al suo compito, saziare. Altre volte invece la sera, la zia Assunta, l'altra zia che mi ospitava in paese, preparava un'insalata in una ciotola, con pezzi di pomodoro maturi succo di pomodoro fresco, ottenuto dalla spremitura con le mani di pomodoro, sale, origano, cipolla ma soprattutto peperoncini, detti i brucenti ,una quantità d'acqua a piacere e pezzi di cetriolo fresco. Questo primo piatto serale andava accompagnato da pane raffermo di un giorno messinese, che mio zio Cosimo, conservava appositamente per questo scopo. Missione della cena era riuscire a mangiare un pane di mezzo chilo e bere vino bianco e spuma. La cena veniva completata da una mega fetta di anguria. La misura della sazietà era proporzionale al dolore di pancia. Quando tornavo a Palermo dopo le vacanze messinesi ed essere stato nutrito con: polli allo spiedo, insalate, involtini, pasticci, granite caffè panna e brioches col tuppo ed altro..dopo un mese, riuscivo ad ingrassare 10 kg, su di un peso iniziale di 40 kg. Ricordo sempre il viso soddisfatto di mia Zia Anna quando mia rivedeva partire ingrassato, naturalmente mi dava sempre una scorta di involtini alla messinese, una ricotta salata infornata di Montalbano e un pezzo di salame Sant'Angelo ,fatto dal suo macellaio di fiducia. Tutto mi diceva: “non ti scordar di me!” p.s.
Nelle mie ricette non sono state volutamente messe le dosi dell'insalata, perché tutto deve essere necessariamente lasciato all'improvvisazione del momento, al proprio gusto, a quello che c'è in casa ma soprattutto deve incontrare i sapori degli ospiti e commensali. Qualche ingrediente potrebbe mancare, anche lo stesso pomodoro. In questo, caso solo a Palermo, in inverno, viene sostituito con grossi pezzi di Arance Brasiliane mature ben pulite. Tutto ciò che ho appreso della cucina messinese dalle zie Anna e Assunta sono i ricordi di ciò che vedevo fare ed i ricordi del gusto di ciò che mangiavo. Se oggi volessi riprodurre un piatto, attingerei da un ricettario di mia moglie, ma sicuramente la verifica ( il collaudo) verrebbe fatta dal gusto che ho appreso da bambino. In questo racconto manca l'ultima mia maestra di cucina di Messina, la zia Elvira. La zia insegnate di scuola materna, estrosa, che accompagnava i miei cugini in tenera età da zecchino d'oro a cantare nelle piazze ed ai concorsi canori. Lei non amava cucinare, ha sempre cucinato per non morire di fame. Lei aveva, sempre qualcosa da fare, magari scrivere una poesia ( ha vinto una infinità di premi).
Ma Lei era maestra di organizzazione, così già alla tenera età di 6 anni,per la Vigilia di Natale, mi faceva partecipare alla preparazione dei piatti, rigorosamente senza carne, insalate russe, tartine, olive ripiene. A questi si aggiungevano focacce comprate ( tipo pizza) e pitoni( calzoni) e piatti preparati dalle gli altri parenti. Lei mi coinvolgeva nella preparazione dei piatti, una mano non l'avrebbe mai rifiutata da nessuno per cucinare, neanche da un bimbo di sei anni e secondo me, con una certa dose si sadismo, quando cucinava qualcosa al forno mi faceva dire una preghierina, affinché Gesù mettesse del suo nella perfetta cottura del cibo. A lei sicuramente debbo al mia parte fantasiosa della cucina, non l'ha mai messa in discussione, mi diceva che quello che facevo era sempre buonissimo. Ricordo ancora la mia prima insalata russa, fatta a 6 anni, rigorosamente assemblata da ingredienti comprati già pronti, una bestialità per la altre zie, abbellita da una immagine di Babbo Natale fatta con ritagli di peperoni rossi sottaceto.
Palermo, 02/01/2022. Salvatore Presti.