"Caro Leoluca... movida non dovrebbe significare anarchia"
Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di un palermitano al sindaco Leoluca Orlando.
"Gentilissmo professore Orlando, o, per l'amicizia storica che ti lega(va) a mio padre dai tempi del Gonzaga, potrei anche permettermi di scrivere Caro Luca, sono Gian Mauro, figlio di Stefano, per l'appunto, un tuo vecchio amico d'infanzia, e ti scrivo da cittadino, senza alcuna piaggeria o fine ultimo, se non attirare l'attenzione su uno tra i tanti gravi problemi che massacra Palermo. Ho scelto di tornare a vivere nel palazzo di famiglia, palazzetto Rutelli, costruito dal mio trisavolo nel 1906. Non sono in affitto, vivo a casa mia. Vivo o forse dovrei scrivere sopravvivo, giacché via Quintino Sella - e l'asse di via Isidoro La Lumia in genere - è diventato il centro anarchico della movida. A nessuno, neanche al mio miglior nemico, augurerei ciò che noi residenti subiamo qui ogni giorno, senza alcuna tutela da parte dell'amministrazione comunale.
Licenze, concessioni e anarchia proliferano fungini, non consentendo a un intero quartiere di riposare più o di svolgere le normali funzioni domestiche. Gente che urla, discoteca, karaoke, fumi maleodoranti (per assenza di dispositivi a norma) entrano nelle nostre case, che vibrano fino alle prime ore del mattino. Mai avrei potuto pensare di considerare casa mia non un cantuccio rassicurante, ma un inferno. C'è gente che comincia a stare male, tra esaurimento, assenza di riposo notturno, precarie condizioni igienico-sanitarie. Ma tu continui a dare licenze, a non tutelarci, a non occupartene. Le forze dell'ordine, che noi chiamiamo in aiuto di continuo, sono spesso carenti o assenti, e dicono di avere le mani legate. Ed è un problema gravissimo che riguarda anche il nostro centro storico, laddove appena si avvia una pedonalizzazione i residenti temono l'arrivo di un'infernale discoteca criminale o di una friggitoria.
C'è chi desidera lo scarico delle auto pur di poter dormire! Leggi cosa ti scrivono i tuoi cittadini? Te ne importa qualcosa? Nessuno vuole andare contro il lavoro dei ragazzi che aprono pub e discoteche (in centri abitati!!!, tuttavia), ma esiste un regolamento per i consociati? Lo facciamo approvare e rispettare? Di certo esiste l'art. 659 del Codice Penale che tutela le norme di vita essenziali di una società, come il sano diritto al riposo. La mafia non è solo Riina, è anche questo. La prepotenza criminale, l'illegalità, la solitudine dei cittadini lasciati in balìa della più becera anarchia e che vorrebbero riposare per andare a lavorare l'indomani. Non è infine neanche bello vedere ragazzini o quarantenni uscire ogni sera per ubriacarsi e ballare nei pub fino a tarda notte...
Ti rendi conto che c'è qualcosa che non va nella nostra comunità? Che la gente non fa nulla, non lavora, forse vive come appendice delle tasche genitoriali? Non è forse questo l'inizio della rovina definitiva di una città in agonia? Il senso ieratico del cambiamento si invera dalle radici, dai dettagli. Sono i dettagli che cantano più di colonne di fumo universali, innalzate su una città che alla fine ti chiede solo maggiore attenzione. Noi dobbiamo vivere, non giocare tra eventi e iniziative. Cominciamo a lavorare sul senso del dettaglio, del decoro, del rispetto civico elementare". Gian Mauro Sales Pandolfini, un tuo cittadino.