"Prima positivi, poi negativi: l'avventuroso rientro da Tolosa a Palermo..."
Riceviamo e pubblichiamo
Tengo a raccontare qualcosa che è successo a me e mio marito e che non auguro a nessuno. Tengo a raccontare proprio perché spero che non si ripeta più e che tramite voi il messaggio arrivi forte e chiaro a chi di dovere. In base alla nuova imposizione del governo per far fronte all’emergenza sanitaria, io e mio marito effettuiamo in data 17/12 un tampone antigenico in Francia in vista del viaggio aereo del giorno stesso (tratta Tolosa-Palermo).
Appena atterrati a Palermo, svariati cartelli in più lingue sono appesi un po’ dappertutto: a quanto pare l’ordinanza di Musumeci vuole che qualsiasi persona entri nel territorio siciliano debba sottoporsi a un tampone rapido presso l’aeroporto stesso. Poco importa se si è vaccinati (tre dosi, nel nostro caso) e poco importa se un altro tampone è stato effettuato prima di partire.
In realtà, come spesso succede, il tutto è lasciato alla buona fede delle persone: è vero che un povero individuo è piazzato davanti alla porta degli arrivi e si sbraccia tentando di ripetere in più lingue che il tampone è obbligatorio, ma in realtà ognuno fa quello che vuole. Di certo non tutte le 150 persone che erano a bordo del mio stesso aereo si sono recate presso il punto Covid dell’aeroporto per effettuare il tampone. Noi, sempre ligi al dovere, che ormai è sinonimo di “poco intelligenti”, come si vedrà dopo, andiamo a effettuare il tampone richiesto. La prendo quasi a ridere perché mi sembra assurdo che dia un esito diverso da quello effettuato 7 ore prima. Facciamo il tampone e aspettiamo i famosi 10 minuti per il risultato. “62? Il numero 62? Venga subito qui il numero 62!”. Distratta, guardo il bigliettino che mi è stato dato all’ingresso, “Ah si, sono io il 62!!!” - “Venga subito qui Signora, si allontani dagli altri, arriva il medico”.
A quel punto realizzo che c’è qualcosa che non va. Il mio tampone è risultato positivo. Ma come è possibile? Non ho avuto praticamente vita sociale negli ultimi giorni e per di più il tampone di qualche ora prima era negativo. Succede, mi dicono. Nella sfortuna, troviamo un giovane medico di una gentilezza e di un’empatia senza eguali. Mi spiega che solo 10 tamponi antigenici su 1000 si sbagliano, insomma è quasi sicuro che io sia positiva. Le lacrime cominciano a scendere pensando all’ennesimo Natale rovinato (l’anno scorso, come tanti altri espatriati, causa Covid, ho deciso di non venire a Palermo e proteggere i miei cari… ma questa è un’altra storia). Penso ai miei genitori, con cui ho condiviso frettolosamente il tragitto dall’aeroporto al piccolo complesso adiacente in cui si effettuano i tamponi e mi sento tremendamente in colpa. E se quei minuti fossero bastati a trasmettere il virus? Non me lo perdonerei mai.
Rimaniamo in quella stanzetta per svariate ore: mi viene detto che devo scegliere se io e mio marito preferiamo isolarci in un «hotel Covid» o se abbiamo la fortuna di avere una casa secondaria tutta per noi. Viene inoltre effettuato ad entrambi un tampone molecolare per confermare la positività e il tipo di Covid che mi sono beccata. Per scrupolo, chiedo un secondo tampone rapido, nonostante mi venga spiegato che anche se fosse negativo, ormai la procedura non cambia: il test è sotto i miei occhi e lo vedo diventare positivo in pochissimi secondi, non c’è dubbio. Me lo sono beccato proprio. Decidiamo quindi di isolarci nella casa di campagna dei miei genitori: seppur senza riscaldamenti, c’è Internet e abbiamo la possibilità di lavorare (siamo in smartworking). I miei genitori ci portano quindi un’auto, cosa che ci permette di evitare il tragitto in ambulanza. Ci salutiamo da dietro i finestrini, siamo tutti tristi, ma dobbiamo accettare i fatti. Il medico mi dice che l’indomani (18/12) l’esito del tampone molecolare sarebbe stato pronto nel pomeriggio e mi sarebbe stato inviato via mail. Una volta confermata la positività, avrei anche dovuto ricevere una telefonata per capire il da farsi dei giorni seguenti.
Il sabato 18 passiamo la giornata ad aggiornare le mail sul telefono: alle 22 ci rassegniamo, “non riceveremo niente”, nonostante quanto detto dal medico il giorno prima. Interpretiamo inoltre questo silenzio come l’ennesimo segno che qualcosa non va.
L’indomani la storia si ripete: a nulla serve aggiornare le mail, nessuno ci contatta. Quando abbiamo lasciato l’aeroporto, nello shock del momento, non abbiamo nemmeno pensato al fatto che nessuno ci abbia rilasciato un contatto telefonico. A dire il vero non ci è stato rilasciato proprio nulla. La domenica non passa mai. A mia madre pero’ viene un’idea: siccome a Palermo, o più in generale in Italia, non si ottiene niente se non si conosce «l’amico dell’amico», le viene in mente che conosce qualcuno in aeroporto. Questo qualcuno ci dice il nome del laboratorio in cui vengono analizzati i tamponi e dopo varie telefonate la domenica sera, intorno alle 18, arriva – seppur ufficiosamente – la tanto attesa (e insperata) notizia : siamo NEGATIVI!!!
A quanto pare tanti sono i falsi positivi come noi.
Dobbiamo pero’ aspettare il referto che l’Usca dell’aeroporto deve inviarci in maniera ufficiale. Sempre ligi al dovere (come sopra), siamo felicissimi ma non vogliamo infrangere le regole. “Manca poco ormai”, ci diciamo. Anche la giornata di domenica volge al termine; arriva il lunedi mattina ma ancora nessuna traccia dell’Usca . Per l’ennesima volta i miei genitori si armano di pazienza e cominciano a telefonare ai vari Usca repertoriati su Google: l’Usca del centro conferma per telefono la negatività dei risultati ma spetta all’Usca dell’Aeroporto di Palermo inviare il referto ufficiale. Sono le 13 e siamo ancora bloccati e isolati, perché? Perché nessuno si degna di mandarci una misera mail!
Apprendiamo che i risultati sono pronti dal sabato pomeriggio, il che vuol dire quasi due giorni prima. Tradotto, questo vuol dire che siamo isolati da venerdi sera, per niente. Pensiamo a quegli altri poveri passeggeri falsi positivi, rinchiusi in hotel insieme a veri positivi, magari stranieri, magari italiani, ma non fortunati come noi, che tra una telefonata e l’altra racimoliamo comunque l’informazione più importante: siamo liberi e non abbiamo infettato nessuno. Alle 13,20 del 20/12 l’ennesimo interlocutore dell’Usca, che si immedesima nel dispiacere dei miei genitori, accede al referto e inoltra la famosa mail all’indirizzo di mio papà, per fare prima. Siamo ufficialmente liberi. A quanto pare non hanno avuto il tempo perché erano tante le mail da inviare. Però anche i tamponi erano tanti, logicamente, ma erano stati tutti processati nelle 24h seguenti.
Forse i gentili Signori impiegati dall’Usca dell’Aeroporto non si sono resi conto di cosa abbia implicato la loro lentezza, il loro menefreghismo, la loro noncuranza: abbiamo la fortuna di venire a Palermo poche volte l’anno, per le feste, i giorni insieme ai nostri cari sono contati. Ne abbiamo persi più di due perché tra un caffè e un altro forse non hanno avuto il tempo di cliccare su «Invia». La domanda ora è: saremo ligi al dovere la prossima volta? Forse, sicura del tampone effettuato in Francia (dove cose del genere non accadrebbero mai), dagli arrivi me ne andro’ dritta dritta in macchina, come ha fatto il 90% dei passeggeri che viaggiava con me. E ha fatto bene.
PS: la “vera” mail ufficiale l’ha ricevuta oggi mio marito - 21/12 alle 9.